“Quando Pippo volava” (Puntoacapo Editrice, 2025 di Raffaele Floris. Recensione a cura di Mauro Ferrari)
Qualche nota su Quando Pippo volava, di Raffaele Floris
È difficile parlare di questo libro di poesia senza soffermarsi, anche brevemente, sul contesto. Solo chi ha vissuto la guerra, o ha ascoltato i racconti di chi è sopravvissuto, per dirne una, sa che Pippo non ha nulla a che fare con il più divertente dei personaggi Disney, ma rimanda a una paura anche vaga, quasi mitica: Pippo è il nome con cui venivano chiamati, nelle fasi finali della seconda guerra mondiale, gli aerei da caccia notturna delle forze Alleate che compivano incursioni solitarie nelle regioni settentrionali. I Pippo arrivavano in volo radente, per evitare la contraerea, e sganciavano ordigni o mitragliavano nel buio della notte.
Se è vero che l’impatto della prima guerra mondiale provocò una reazione nei tanti poeti che ebbero esperienza di quell’orrore nuovo, è anche vero che la seconda ebbe un effetto diverso: l’orrore fu provocato soprattutto da scoprire una predeterminazione al male prima sconosciuta, almeno su questa scala e con questa fredda metodica. Conosciamo tutti l’espressione “la banalità del male”, titolo del libro di Hannah Arendt sul processo a Eichmann, emblematico di ciò che sconvolse le coscienze. La retorica, così abbondante prima, durante e dopo la I guerra, non fu tacitata nemmeno dalle decine di milioni di morti; dopo la seconda anni dopo c’era ben poca retorica da usare, se non come monito: ricordiamo però Uomo del mio tempo di Quasimodo e la frase di Einstein: “Io non so con quali armi sarà combattuta la Terza guerra mondiale, ma la Quarta sarà combattuta con pietre e bastoni.” Per la prima volta era nata la consapevolezza della possibilità non remota né teorica, di un olocausto, di un’estinzione.
Dico questo per entrare nel vivo del libro di Raffaele Floris: se c’è una cosa che uccide la poesia è la retorica, perché la poesia, l’arte della parola, può essere semplice o complessa, chiara o oscura, lieve o feroce… ma non può mai essere retorica. Può usare le armi della retorica – le figure ecc. – ma la magniloquenza, la verbosità e insomma tutto ciò che non è utile per individuare il bersaglio del poeta, cioè la cosa da dire, uccide la poesia. Tutti sanno quanto spesso io citi il grande poeta irlandese William Butler Yeats, cosa che faccio anche adesso: “un verso può richiedere ore, ma non sembra il pensiero di un attimo, tutto il nostro lavoro è andato in fumo”.
Ed eccoci alla raccolta di Raffaele Floris, giunto al quinto libro per puntoacapo, considerando anche il racconto in prosa La croce di Malta, ambientato nel suo paese natale, Pontecurone (AL). Floris è poeta di cesello, che ha affinato una cifra stilistica personalissima basata sulla musicalità del verso regolare, di solito endecasillabo, in strofe e in rima, su temi lirici, con una ambientazione e immagini spesso autunnali, velate di una impalpabile nostalgia: La macchina del tempo è il titolo della splendida raccolta precedente, e dice molto della sua vena. Lavoro rischiosissimo, perché richiede penna salda, idee chiare e insomma mestiere, appunto per evitare quella retorica insita nelle scelte stilistiche e nei temi che in mano a non poeti suona immediatamente falsa.
Ecco, in Quando Pippo volava abbiamo un’altra splendida prova poetica che dimostra come si possa parlare della guerra, del male e dell’opposizione al male senza cadere nel cattivo gusto. La scelta è quella di presentare una galleria di figure penso tutte di questa zona, di umili che si opposero al male e divennero eroi non retorici: non supereroi, non semidei, non guerrieri invincibili. Sono nomi e volti spesso ignoti, che – permettetemi di ri-citare Yeats – la storia prese con sé per creare “una terribile bellezza”. Bellezza, perché li vediamo sempre giovani, fermati in questi versi nel momento che valse la loro vita; terribile, perché lo sfondo fu oscuro e spesso causò la loro fine, che possiamo senza dubbio definire eroica, come nel caso di Giuseppe (Fortunato) (p. 45). Persone normali che compirono atti o fecero scelte che sembravano forse normali ma che per noi, da fuori, con l’occhio della Storia, sono eccezionali. Figure catturate nel vortice della Storia.
Nel libro però (ed è una scelta davvero sorprendente) sulle vicende che ebbero tragica fine (che non mancano) prevalgono però gli esiti felici, dal caso dello scampato al campo di concentramento (Giovanni, p. 47, o Andrea, p. 48), a chi si salvò per caso o fortuna (Elisa, p. 41, o Tullia, p. 42).
Floris usa il sermo humilis della vita quotidiana, e piega il verso alla narrazione, costeggiando a volte sapientemente la prosa ma restando sempre vigile sul ritmo, anche se sceglie di non avvalersi della rima, che immagino darebbe un’aura troppo controllata, quasi falsa; il controllo del ritmo è notevolissimo e non cede mai alla cantilena, mentre la sintassi scavalca agilmente la struttura del verso senza cedimenti, dando peso alla narrazione che procede rapida e precisa:
Vilma – 1944
Forse le more bianche
dei gelsi (la dolcezza
di quell’estate immensa)
non seppero di giugno,
del rombo e dello schianto
con cui venne la morte. […] (p. 21)
E si permette di calare l’asso dell’affermazione forte, che può suonare retorica solo… a chi è in malafede:
Che nessuno
dimentichi quei nomi, quelle facce
in bianco e nero che dopo ottant’anni
ci parlano come se fosse ieri. (p. 49)
Mauro Ferrari
*
Vilma – 1944
Forse le more bianche
dei gelsi (la dolcezza
di quell’estate immensa)
non seppero di giugno,
del rombo e dello schianto
con cui venne la morte.
In volo, come astóri,
perfette formazioni
di cacciabombardieri
gettavano spezzoni
di forma affusolata:
mille, mille bottiglie!
Era rovente giugno:
di bombe scosse il cielo,
ferì a morte l’estate;
solo le more bianche
restavano, finite
chissà dove nei campi,
fra polvere e macerie
del ponte devastato.
C’era un sapore amaro
di terra, sabbia e vento
là dalla ferrovia,
di grano insanguinato.
*
Pippo – 1943
Prima, sin dall’autunno,
quando giungeva il buio,
fu Pippo Bed-Check-Charlie
che, attraversando il cielo
del coprifuoco, spense
tutte le luci. Un mito,
una leggenda, forse:
tende e finestre chiuse,
niente lanterne in casa.
Coi suoi fari notturni
fece gelare il sangue.
In cerca di un rifugio,
qualcosa per la notte
si sarebbe trovato
ma solo dopo ore.
Finché la mitragliata
segnò lo sfollamento
di tante e tante vite.
Poi solo case vuote,
stalle e granai deserti
*
Cesare (Carpi) – 1945
Cesare – Carpi il nome di battaglia –
era solo un soldato, uno dei tanti
ragazzi che scrutarono la faglia
del precipizio. Solo pochi istanti
per disertare verso la boscaglia
col cuore in gola e passi titubanti,
cercando libertà. Scarpe di paglia
e tutti i sensi allerta. Poi, davanti
al bivio della strada (o della vita),
prevalse il desiderio di combattere
nella Brigata Arzani. Fu tradita
sul nascere quella speranza: abbattere
catene. Quanta pena si è accanita
a Mauthausen, sfornando morti a latere!
*
Enrico – 1944
Enrico, aviere scelto, con il volo
nel sangue, un mese dopo l’armistizio
si unì alla Resistenza. Non fu certo
un gesto improvvisato, un colpo d’ala:
prima collaborò come staffetta
e informatore, poi fuggì in montagna
braccato dai fascisti. Piuma, Picchio,
Tempesta i nomi dei compagni d’arme
nella Pinan-Cichero. Che nessuno
dimentichi quei nomi, quelle facce
in bianco e nero che dopo ottant’anni
ci parlano come se fosse ieri.
Raffaele Floris (Pontecurone 1962) è incluso nell’Antologia della poesia in Piemonte e Valle d’Aosta (puntoacapo 2012) e nell’Antologia della poesia in provincia di Alessandria (ivi 2014), nell’Antologia di micronarrativa In poche parole (ivi 2023) e in vari blog e riviste letterarie online.
Pubblicazioni di poesia: Il tempo è slavina (Lo Faro 1991); L’ultima chiusa (Joker 2007); Mattoni a vista (puntoacapo 2017); Senza margini d’azzurro (ivi 2019); La macchina del tempo, (ivi 2022); Pansele în păhar. Viole nel bicchiere, quindici poesie tradotte in lingua rumena (Cosmopoli ed. 2023).
Narrativa: La croce di Malta (romanzo breve, puntoacapo 2013); L’òm, l’aşi e ‘r pulóu (detti, proverbi e filastrocche in dialetto pontecuronese, con cenni di grammatica, PiM 2016.
