La lingua degli uccelli (VIII) – Corvi, Cornacchie & C.– (Parte II), con poesie di Trilussa e Bacchini

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Parliamo della Cornacchia. Delle cornacchie, per esattezza.
Occorre però fare immediatamente chiarezza su un paio di punti che non sempre lo sono, il che può sembrare un gioco di parole parlando di corvi, cornacchie nere e cornacchie grigie.
Tra le cornacchie e i corvi è tutto un incrocio etimologico: la Cornacchia nera (Corvus corone) ha il nome di specie, corone, derivante dal verbo/greco κρωζω / krōzō, “gracidare”, che però indica anche il verso del corvo. E non meno gracidante è la Cornacchia grigia, il cui nome di specie, cornix, è guarda caso quello latino del corvo.
Non solo: quando Friedrich Nietzsche – anche poeta – in Vereinsamt [1] scrive: «Die Krähen schrein/ und ziehen schwirren Flugs zur Stadt» «Le cornacchie gridano/ e con frullo d’ali vanno verso la città», usa il sostantivo plurale “Krähen” che indica, in tedesco sia corvi che cornacchie, così come “corbeau” in francese, “cuervo” in spagnolo, “crow” in inglese (che però possiede anche, come altre diverse lingue europee, due specificità: “raven” – corvo – e “rook” – cornacchia).
Per il corvo e la cornacchia nera, ornitologicamente molto simili – al limite dell’indistinguibile a un occhio non esperto –, le strade simboliche e poetiche si sono evolute per buona parte in modo affine, soprattutto per quegli aspetti relativi all’intelligenza relazionale con l’uomo, alle capacità divinatorie, alla similitudine del volo e del verso, mantenendo, tuttavia, alcune peculiarità, come vedremo. Peculiarità che interessano indistintamente le invece distinguibilissime due specie di cornacchie, nere e grigie.
In alcuni casi si viene a creare, inoltre, una certa sovrapposizione con la Taccola (Corvus monedula), corvide più piccolo e gregario, con aspetti del piumaggio intermedi tra il corvo e la cornacchia grigia, che predilige per nidificare torri e campanili.

Un’ultima premessa pratica e contingente è necessaria: in Eurasia la Cornacchia nera presenta due grandi popolazioni disgiunte, una ad Ovest (Spagna, Francia ecc) e l’altra eurosiatica, ad est del vasto areale occupato dalla cornacchia grigia, che si estende dal Nord Europa, all’Europa orientale e balcanica all’Asia Minore e, soprattutto, per i nostri fini, alla penisola italiana, dove la cornacchia nera è presente lungo l’Arco alpino, specie in Valle d’Aosta (dove non è difficile osservare coppie miste e individui ibridi – le due specie si ibridano con facilità -, lungo il fondovalle della Dora Baltea). La nera è presente inoltre, in particolare, nel centro Italia e in Sicilia, ma la specie dominante nel nostro Paese è quella grigia: quando nella poesia italiana gracchierà una cornacchia questa dovrebbe quindi essere prevalentemente una cornacchia grigia e i bisillabi corvi potrebbero essere in realtà, come nella poesia di Nietzche, cacofoniche cornacchie nere.

Prima ancora di mettere in evidenza qualche aspetto simbolico e metaforico, a corollario della questione del nero e del grigio, gustiamoci, focalizzandoci sulle prime tre strofe, La cornacchia libberale (1922), di Trilussa

La cornacchia libberale, di Trilussa [2]

Una cornacchia nera come un tizzo,
nata e cresciuta drento ‘na chiesola,
siccome je pijo lo schiribbizzo
de fa’ la libberale e d’uscì sola,
s’infarinò le penne e scappò via
dar finestrino de la sacrestia.

Ammalappena se trovò per aria
coll’ale aperte in faccia a la natura,
sentì quant’era bella e necessaria
la vera libbertà senza tintura:
l’intese così bene che je venne
come un rimorso e se sgrullò le penne.

Naturarmente, doppo la sgrullata,
metà de la farina se n”agnede,
ma la metà rimase appiccicata
come una prova de la malafede.
– Oh! – disse allora – mo’ l’ho fatta bella!
So’ bianca e nera come un purcinella…

– E se resti così farai furore:
– je disse un Merlo – forse te diranno
che sei l’ucello d’un conservatore,
ma nun te crede che te faccia danno:
la mezza tinta adesso va de moda
puro fra l’animali senza coda.

Oggi che la coscenza nazzionale
s’adatta a le finzioni de la vita,
oggi ch’er prete è mezzo libberale
e er libberale è mezzo gesuita,
se resti mezza bianca e mezza nera
vedrai che t’assicuri la cariera.



Come già detto nell’articolo scorso, l’intelligenza e l’adattabilità alimentare dei corvidi, rende le cornacchie uccelli di grande successo nella competizione ambientale e, più recentemente, nell’inurbamento. Grazia Deledda in Il cedro del Libano (postumo, 1939) «presenta Checca, la cornacchia nera che per sette anni visse a casa sua». Ne descrive il singolare comportamento, la curiosità, l’empatia con i membri della famiglia, il suo adattamento alla vita domestica.[3]
Ricordo, agli inizi degli anni Ottanta del secolo scorso, che osservavo con interesse i primi esemplari di cornacchie grigie (e, contemporaneamente, di gabbiani di fiume) apparire in Torino. Ora tutti hanno sotto gli occhi l’invasione urbana del pennuto nerogrigio.
Ma la cornacchia da tempo è stata compagna di viaggio dell’umano e, fatalmente, mitologia [4], arti e letteratura ne danno testimonianze frequentissime fin dall’antichità [5]. Tra gli aspetti comportamentali, veri o solo attribuiti, ne furono sottolineati e metaforizzati: la longevità, la fedeltà coniugale, l’amore filiale, le capacità divinatorie.
Così il pensiero di Sylvia Plath nell’osservare una cornacchia sul ramo si proietta, suo malgrado, nella dimensione predittiva: «Lassù sul rigido ramoscello/ Si curva una nera cornacchia bagnata/ Che aggiusta e riordina le sue piume nella pioggia./ Non m’aspetto un miracolo/ O un incidente», ammettendo il chiaroscuro desiderio occasionale di «un qualche responso/ Dal cielo muto».[6]

Ma ancor più pregnanti è il senso figurato della cornacchia, che attiene e riunisce due nuclei fondamentali: il gracchiare (il parlar molto e con voce sgradevole) e l’essere di malaugurio. Precisa infatti il Dizionario Treccani, alla voce cornacchia: «Fig.: Persona che chiacchiera assai; anche, persona che predice, con maligno compiacimento, cose spiacevoli».[7] Pochi uccelli hanno un senso figurato così forte e caratterizzante e aderiscono a modi di dire diffusi.
Proprio il verso, la «vecchia voce di carnivora», di «comare» è l’occasione d’innesco della poesia di Pier Luigi Bacchini, senza dubbio il più naturalista dei poeti del Novecento:


Il volo delle parche, di Pier Luigi Bacchini [8]

O gradita, scaltra, barbara cornacchia
vecchia voce di carnivora
occupante i territori dei colombi
e dei falchi
sui calanchi-

e ringraziate col gracchiante nord
le più fertili terre.
Il vostro è un grido dirupato,
con notti spaventose,
con solitudini d’echi, con scricchiolii di rocce.

O antiche, è il canto ritardato
dei freddi avi rettili, tanto ramarro
fa capolino. Chissà perché
mi piace guardarti, o uccello delle nevi
sporche di sangue- dall’oleoso volo.
Forse perché selvaggiamente imiti la parola,
sacra al poeta e alle comari.




Note

[1] Nietzsche diede alla poesia, scritta nel 1884, diversi titoli, tra i quali Abschied (Congedo), Heimweh (Nostalgia di casa), Die Krähen schrein (L’urlo del corvo), e alla fine Vereinsamt (Riunione del club, sotto il quali fu pubblicata per la prima volta in forma abbreviata in “Das Magazin für Literatur” nel 1894. L’opera è considerata la sua poesia più famosa e può essere trovata in numerose antologie di poesia come Großen Conrady o Ewigen Brunnen (da: https://de.wikipedia.org/wiki/Der_Freigeist/Vereinsamt)

[2] Trilussa, Le favole romanesche, Stargatebook, 2017

[3] Franco Orlandini, Grazia Deledda e la cornacchia, in Uccelli per cento poeti, Epigrafia, 2016, pp. 47-48

[4] Coronide (Κορωνίς, Korōnís) o Cornacchia o Cornix fu una principessa dei Lapiti e madre di Asclepio. Fu amata da Apollo che le lasciò un corvo di guardia affinché nessuno l’avvicinasse, ma durante la sua assenza lei conobbe Ischi e si lasciò amare, così il corvo volò da Apollo per riferire, ma costui, offeso, tramutò il colore delle piume del corvo da bianco a nero. Ovidio, nel secondo libro de Le metamorfosi racconta come viene mutata da Atena nell’omonimo uccello e degradata a scapito della civetta, Nittimene, che diventerà da allora simboleggerà Atena. Cfr. Roberto Graves, I miti greci, Longanesi, pp. 155 e segg

[5] per esempio, già nell’antica Grecia e nella Roma del I sec. d. C., Esopo e Fedro dedicano alla cornacchia diverse favole: la cornacchia e le colombe; la cornacchia e la brocca; la cornacchia e il corvo; la cornacchia e il cane; la cornacchia che voleva imitare l’aquila; l’aquila, la cornacchia e la tartaruga; la cornacchia superba e il pavone; la cornacchia e la pecora ecc

[6] Sylvia Plath, The Colossus and other poems (1960), in Le Muse inquietanti e altre poesie, traduzioni di Gabriella Morisco e Amelia Rosselli Mondadori, 1985.

[7] Treccani, Vocabolario online – https://www.treccani.it/vocabolario/cornacchia/

[8] Pier Luigi Bacchini, Poesie. 1954-2013, Mondadori, 2013, p. 241








Fotografia in copertina: Alfredo Rienzi, “Cornacchia grigia”, 2020

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