I maestri (XV) – Hugo Mujica

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Albeggia e taccio

Albeggia e
taccio;

taccio ogni paura, taccio qualsiasi
presagio,

cerco un’alba vergine di me,
cerco il nascere della luce,
non il suo illuminarmi.

*
Solo alla fine

Le due rive
sono sempre una, ma si sa solo alla fine,
dopo, dopo esserci naufragato.

*

Ritorno

Bisogna entrare
nel deserto
per
lasciare dietro i miraggi;

bisogna tornare
a inebriarci alla fontana:
bisogna tornare alla sete.

*

Preghiera

È l’ultima ora della sera,
silenziosi
i pini che ornano il percorso
allungano le loro ombre,
tremano la brezza

– è la preghiera dell’abbandono,
è il radicarsi nel vento -.

*

Frutto

Sprofondo nel seme
secco,

mi abbuio nel senza ombre,
e mi nasco, né radice né fiore,
mi nasco terra.

*

Fango e sete

Di terra e acqua il fango del cammino,
di fango e sete il deserto umano.

Verso l’alto, verso la luce
si distanziano i rami,

nel
profondo,
nell’oscura terra,
le radici si ritrovano,
la sete le intreccia.

*

Silenzio

e nel silenzio
respira la notte,
respira
silenzio.

Dalla finestra
entra
una brezza,

entra, esce e passa
senza lasciare

portare nulla

e all’improvviso,
in
quel passaggio,
nulla avanza, nulla manca.

*

È l’odore del gelsomino
e
l’arrivare
le ombre,

l’ora di ciò che non si sa
ma si
attende,
di ciò che non è
e anche così palpita…

è l’adesso e la brezza
è l’aprirsi dell’anima.

*

Anche il silenzio
è orma,
orma
e segno
verso il senza nome

verso
ciò che si sente
solamente
nella rinuncia
a chiamarlo.




Nota bio/bibliografica di Hugo Mujica su Wikipedia.org

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