Da Poeti iraniani dal 1921 a oggi (Mondadori, 2024, traduzioni di Faezeh Mardani e Francesco Occhetto, testo a fronte)
Il regno della poesia è totalmente diverso dal territorio della prosa. La poesia è dire l’indicibile… Vi siete mai chiesti perché gli uccelli mentre volano e saltano da un ramo all’altro cantano? Non potrebbero saltare e volare senza cantare? Avete mai sentito il canto degli uccelli sui rami al mattino presto? Cos’è che li fa cantare? Quale bisogno è appagato dal canto? Non basterebbe solo volare? La poesia è la forma più alta del piacere e della libertà che allontana l’ansia e la paura. È la voce della protesta che può esprimere l’ineffabile. E, infine, la poesia è il canto degli uomini, il canto dell’anima, il canto cui aspira il nostro spirito.
Ziyā’ Movahhed
*
Il silenzio dell’acqua
può plasmare
arsure e grida di siccità,
il silenzio del grano
può plasmare
la fame e l’urlo trionfante delle carestie
come il silenzio del sole
che partorisce
la tenebra –
ma il silenzio umano è l’assenza di Dio e dell’universo:
tu, tratteggia
il grido!
Tratteggia il mio tempo,
nella curva dello scudiscio
sul pungente solco del dolore,
il mio vicino alieno a Dio e a ogni speranza
e il nostro onore
tradito e venduto per pochi denari.
Ahmad Shāmlu
*
Sulla stessa via
Solo, camminavo nelle notti senza lume.
Le mani svuotate del ricordo delle fiaccole,
tutte le mie stelle smarrite nel buio.
Stringevo in pugno l’arido stelo dei palpiti.
Vacillanti, colmo del tintinnio dei legami gli istanti.
Andavo solo. Mi credi? Solo.
Partito dal fresco del giardino smeraldo d’infanzia.
Gli specchi attendevano la mia immagine,
le porte il mio dolente passaggio.
Andavo, fino al cadere in me stesso andavo.
D’un tratto, nelle tenebre, dal crocicchio degli istanti ti unisti a me.
L’eco dei miei respiri si univa all’ardente forma del tuo corpo.
Tutti i miei palpiti siano per te, o volto notturno!
Tutti i miei palpiti.
Ho attraversato il freddo cadere delle stelle
per rubare dalle linee ribelli del tuo corpo il perduto fuoco.
Con le mani ha sfiorato la notte intera,
dal risveglio delle mie dita stillava il mormorio di una preghiera.
Stringeva il grappolo dell’aria,
nell’aria luccicavano in me lacrime di stelle
e infine ti persi
nel nebuloso canto della preghiera.
Ora tra noi c’è lo smarrimento dei deserti.
Le notti senza lume, il polveroso letto della nostalgia, l’oblio dei fuochi.
Ora tra noi c’è “le mille e una notte” del continuo cercare.
Sohrāb Sepheri
*
Sulle pareti della mia casa,
della mia vita, i passanti
lasciano tracce di ricordi
con nere penne d’amore:
un cuore trafitto da una freccia,
una candela consumata,
pallidi segni taciturni
sul confuso alfabeto della follia.
Per ogni bocca che mi ha baciata
è nata una stella,
nella notte che scendeva
sul fiume dei ricordi.
Perchè mai desiderare le stelle?
Forugh Farrokhzād
*
Dio, mi hai spezzato il cuore
ma sulle sue rovine
dischiusi vedo infiniti fiori
e sempre fertile
la terra.
Il giorno che vi sorge
è un giorno
paradisiaco
la notte che le cinge
una notte
eterna.
–
Il giorno che morirò
restituite al mare
ogni mio ricordo del mare
restituite al cielo
ogni brandello di cielo
serbato nel mio cuore
il sussurro delle foreste,
lo scroscio delle cascate
restituiteli
a foreste e cascate
e se nelle mani
mi resterà una stella
restituitela alle galassie,
il mio corpo
affidatelo alla terra
il mio cuore
a tenebra e silenzio,
quieti poi
allontanatevi,
ch’io non sappia più nulla
del vostro andirivieni.
Bijan Jalāli
*
Compagno di viaggio
Vieni e sii soave nota del mio spirito,
libertà delle mie ali in volo.
Da questa notte fino al borgo dell’aurora,
sii tu quel lume sulla via del mio canto.
Mohammad-Rezā Shafiei Kadkani
*
Genesi
In principio non era azzurro il mondo
poi gettasti uno sguardo
e il cielo
strappò la pioggia alle nubi
e il mare
placò sulle bufere.
Lasciami i tuoi occhi
e piangerò le mie malinconie.
Ziyā’ Movahhed
*
Non sono tornati
fiumi che scorrevano
verso il mare
soldati che andavano
in guerra
amici che partivano
verso terre lontane.
–
Di soprassalto mi sono svegliato
al rumore dell’erba che cresceva.
Abbās Kiārostami
*
Dimentica
Dimentica
la mitragliatrice
la morte
e pensa al destino dell’ape
che in mezzo alla piazza minata
cerca il ramo di un fiore.
–
Poesia per la pace
Con la canna da fucile mescola il tè
con la canna da fucile fa il cruciverba
con la canna da fucile gratta i pensieri.
A volte
si mette seduto di fronte a sé stesso
e sfila dal cervello
le schegge dei ricordi.
Ha combattuto molte guerre
ma non sa combattere la solitudine.
Le pillole
l’hanno sbiadito a tal punto
da mandare la sua ombra
a prendere un bicchier d’acqua.
Bisogna accettare
che mai nessun soldato
è tornato vivo
dalla guerra.
Garous Abdolmalekiān
La foto in copertina è di Xavier Cee
