Da Lettere della fine (Vydia editore, nuova edizione, 2022)
Lettere della fine è un libro aperto, articolato, maturo, fatto di poche parole limpide, accresciute da tutto il non detto che echeggia negli spazi bianchi. Agustoni non si preoccupa della sintassi, i suoi versi sono spinti da un impulso che deriva, con immediata evidenza, dall’osservazione del mondo. Non si tratta però del micromondo che circonda chi scrive, bensì del mondo che tutti ci guarda e riguarda: di infanzia e di lavoro, di paesaggio e storia, di osservazioni quasi impressionistiche che, nel momento in cui vengono tradotte in parole, si sentono risucchiate all’indietro – e avanti – nell’imbuto del tempo. (…)
Il desiderio dell’autrice sembra essere quello di restituirci, a parole, il volto del mondo prima delle parole, tanto i legami verbali sono scardinati e come disossati, esposti nella loro nudità, così da racchiudere in sé – ogni parola come un bocciolo – la densa leggerezza degli haiku.
Dalla postfazione di Maria Grazia Calandrone
quel che dura se guardo gli alberi
lo spessore del petto –
voce a portare quell’ora di foglie
e polvere.
*
perché la pianura sia vento
resta domanda e nel peso delle case
c’è questo cielo i camion che spingono
la polvere le finestre con l’obbligo di vivere
da qui a lì un confine.
*
vivi offuscarsi di rose e l’alba
di una solitudine cara – con passo
morbido hai posato la morte
e la mano aperta.
il sole era il tuo giorno
ma il pensiero si rompe
per esilio ti svia
e indietro credi vivere
come ora.
*
manca molto a pensare le rondini
il lontano lo chiami stagioni oggi era novembre
mi dicevi le nuvole e un posto caldo come la casa
le sedie sono parole
sul prato come qualcuno
ci sono vuoti che il vuoto non c’entra
si sta tra le mani senza dire
la vita ci raccoglie la bocca.
*
lo splendido restare vuoto dei rami. andarsene
non è lasciare la casa, ma cancellare la soglia, dire:
questa porta la casa la calce sono il tempo dei semi chiari.
(le cose ricordate, ma il dentro delle case non lo capisci aspetterai l’inverno, dopo febbraio sgelando, appesa ad ogni spigolo come le piume, aspetterai le foglie: allora luminoso al centro del tavolo).
*
cinque
costruimmo i nostri rifugi
di bambini di allora
– gli alberi
ci insegnarono
a quale
distanza
crescere –
scoprimmo
pian piano
il punto esatto
in cui ogni foglia
al cambio
di stagione
raccoglieva l’aria
l’intima pazienza
del brunire.
Nadia Agustoni (1964) scrive poesie e saggi. Suoi testi sono apparsi su riviste, antologie, lit-blog. Del 2021 è [la casa è nera], Vydia editore, del 2020 è Gli alberi bianchi Gialla oro Pordenonelegge-Lietocolle, del 2017 è I Necrologi La Camera verde, del 2016 è Racconto Aragno, del 2015 Lettere della fine Vydia editore – premio ex aequo Bologna in Lettere Interferenze 2017, e la silloge [Mittente sconosciuto] Isola Edizioni; del 2013 è il libro-poemetto Il mondo nelle cose (LietoColle). Una silloge di testi poetici è presente nell’almanacco di poesia Quadernario (LietoColle 2014). Nel 2011 sono usciti Il peso di pianura ancora per LietoColle, Il giorno era luce, per i tipi del Pulcinoelefante, e la plaquette Le parole non salvano le parole, per i libri d’arte di Seregn de la memoria. Del 2009 la raccolta Taccuino nero (Le voci della luna). Altri suoi libri di poesie, usciti per Gazebo, sono: Il libro degli haiku bianchi (2007), Dettato sulla geometria degli spazi (2006), Quaderno di San Francisco (2004), Poesia di corpi e di parole (2002), Icara o dell’aria (1998), Miss blues e altre poesie (1995), Grammatica tempo (1994). Vive a Bergamo.
Fotografia in copertina di EA Engana
