“È l’azzurro che duplica i corpi / e il cuore”: Francesco Balsamo

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Da vetro veglia casa tintinnio (MC Edizioni, 2023)

La delicatezza d’accento che contrassegna i versi di Francesco Balsamo sembra miracolosamente sfuggita ad alcuni lirici dell’Antologia Palatina. Il continuo stupore, quella sorta di frugalità che contraddistingue le sue tematiche, fatte di aria e di cielo, di «alberi confidenti» e finestre, di rami guadagnati e pesci morti, si manifesta attraverso distici che si rinnovano a ogni sequenza con un respiro che ha la naturalezza di quella linea poetica definita per convenzione antinovecentista e che annovera figure del calibro di Saba, Giotti e Penna, arrivando fino a Vivian Lamarque. Ma le liriche di Balsamo sembrano operare uno scarto deciso rispetto a quel tipo di poetica, essendo sempre sul punto di disgregarsi in virtù di una frattura quasi insanabile che si dissimula nel testo, rifacendosi a un gioco allucinatorio che ritorna immancabilmente al punto di partenza: «è ancora seduto / la sua nuca è un numero dispari». A volte l’autore si limita, incapace di contenere la febbre che gli divora gli occhi, a fare l’inventario di ciò che lo circonda, avvalendosi per comporre le sue scale cromatiche di varianti infinitesimali, ma sempre con una grazia e una discrezione rare: «casa tintinnio / vetro caviglia / vetro veglia / casa tintinnio». Questi impromptus di sapore schubertiano si impongono per la loro innocenza e la loro sfrontatezza, delineandosi sulla pagina con la cadenza di un’invocazione pagana che permetta alle parole di «cospirare col mare».
(Pasquale Di Palmo)



dietro casa è già autunno
dove il cavo delle grida buca il fogliame

e volpe e lepre
rincasano dalla finestra

a scrivere
a tirar su
tutti i mattoni cotti dell’autunno

io ci guadagno un ramo

*

siamo fuori lasciamo
la casa
ad annerire

fuori sono alto
quanto un legnetto
e leggo le foglie

c’è la luna
guardare il cielo è un’altra lingua

*

papà e mamma
lasciati tra i rami

di notte
sdraiati su un fianco

scostando le foglie
e parlando dei figli

fino a che
si addormentano

accerchiati dal cielo parapetto
e dai rami

i rami
che bucano il sonno di tutti

*

la dispensa al buio

scarpe di legno

le foglie che non vedi

il cerchio dei grilli

io imparo

sono così lontano

*

dov’è la tua guancia
superiamo l’inverno

se ti spogli li raccolgo
sulla tua testa i fiori

*

se si osservano
dall’alto

i letti
sono binari vuoti

è tutta stanchezza
il corpo è altrove

il corpo si allunga dentro una galleria
attraversa montagne

come un treno
addenta case e alberi

e se ne vanno con lui
tutti i paesaggi





Francesco Balsamo (Catania, 1969). Nel suo lavoro si affiancano disegno e scrittura in versi. Ha pubblicato; Appendere l’ombra a un chiodo (“7 Poeti del Premio Montale”, Crocetti, 2002); Discorso dell’albero alle sue foglie (Stamperia dell’Arancio, 20023, premio Sandro Penna per l’inedito 2002); Ortografia della neve (incerti editori, 2010, premio Maria Marino 2011); Tre bei modi di sfruttare l’aria (Forme Libere, 2013); Cresce a mazzetti il quadrifoglio (Ponte del sale, 2015); Luci e animali feriti (Coup d’ide, 2019), oltre alle plaquette A una scarpa solitaria (FUOCOfuochino, 2019) e Luce dispari (Edizioni dell’ombra, 2021, con una grafica di Gaetano Bevilacqua).
Tra i suoi libri di disegni: Non copiare dagli occhi (incerti editori, 2021); Album dei passaggi e dei culmini (Galleria Lo Magno, 2017); Come (officina delle immagini, 2019).






Immagine in copertina di Tina Felipe

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