Mattia Cattaneo: “La Neve Impressa”

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Il titolo della raccolta, “La neve impressa”, fornisce una prima, e già chiara, indicazione di lettura per la nuova opera poetica di Mattia Cattaneo, ossia che si tratta, sul piano formale, di una poesia metaforica, ricca di immagini che alludono e rimandano a più significati. Se il sostantivo “neve”, infatti, richiama un panorama quasi soprannaturale immacolato, una sensazione esteriore di purezza, l’aggettivo “impressa” precipita verso il piano più basso dell’umano, che sopraggiunge a corrompere il candore. In un mondo puro un’orma, una traccia pesante, sporca e a trasforma quella perfezione: pagina dopo pagina, infatti, l’autore evoca la bellezza della condizione infantile innocente, rovinata da un affondo, dall’esistenza che schiaccia con il suo peso e dissolve il sogno, o forse l’illusione della felicità intangibile.

Con lingua figurata ma non oscura Cattaneo affronta il suo dolore di figlio, costretto precocemente all’orfanezza, dopo la logorante malattia della madre e uno straziante percorso di cure ospedaliere. La scrittura non eccede mai, con pregevole equilibrio tra realismo e onirismo, tra crudezza e pacatezza, il poeta raggiunge l’esito non semplice di licenziare una raccolta in cui la sofferenza non è esercizio stilistico né contenuto estremizzato, è percorsa da un dolore maturo, non rabbioso e non disperato, elaborato umanamente e poeticamente.

I versi liberi presentano una personale ritmicità, l’andamento ricorda i rintocchi di una pendola che accompagnano verso una conclusione ormai segnata, tutto il libro conduce al congedo. Il respiro è corto, come evidenzia la presenza di versi composti sovente da una sola parola o verbo, isolati graficamente: a causa del dolore manca l’aria, e tutto il bianco sulla pagina, gli spazi vuoti, echeggiano di silenzi, palesano lo spazio materno non riempito. La voce poetica è spezzata, come la vita della madre e del poeta stesso, dopo l’esperienza della malattia e della morte.

Ci troviamo di fronte a una poesia pulita, accessibile, che segue un intento di comunicazione diretta, l’apparato figurale è dosato e le metafore, le sinestesie, gli ossimori, sono gestiti sempre con la volontà di non produrre oscurità ma dare colore ai testi. L’aggettivazione è sostenuta e precisa, quasi che il poeta necessiti di riportare alla luce e rendere ben visibile ciò che ha osservato nei momenti di preparazione al distacco dalla madre, consapevole che ogni piccolo particolare, anche il più apparentemente insignificante, diviene centrale per dare valore alla memoria di una vita. In tutta la silloge si coglie chiaramente la necessità documentale, la poesia di Mattia Cattaneo è, infatti, pregevolmente fotografica. I versi descrittivi non sono superflui né banali, diventano istantanee a cui affidare una storia, il tempo di un’esistenza privata che si spegne, e nello sguardo del poeta c’è il calore di un abbraccio che consola.

Ne “La neve impressa” troviamo alcuni richiami ai maestri, tra gli altri Ungaretti e Montale; il lessico è per lo più classico, è una poesia che si nutre di letture meditate. L’autore ha maturato una scrittura senza sbavature, si avverte la ponderazione del verso grazie a cui ha dato corpo a visioni dolorose espresse con una lingua controllata.
Cattaneo consegna un mosaico di frammenti umanissimi, la personificazione di ambienti e oggetti stimola il dialogo interiore evocando ricordi e stati intimi, e appare coerente con il contenuto della raccolta. Nelle profondità della sofferenza, infatti, sono più benevoli e auspicabili gli interlocutori muti, l’elemento antropico non a caso è per lo più assente, ad eccezione della madre in cui sembra confluire tutta l’umanità necessaria e desiderata.
I panorami esteriori, nella loro intangibilità, diventano fonte di conforto ma anche rimandi a un claustrale ritiro dal mondo. I tragitti abituali, le attività quotidiane nei posti consueti, appaiono da un lato una necessità, un ancoraggio rassicurante mentre l’identità filiale va morendo assieme alla figura materna, per contro, molto nella raccolta appare fermo, persino nei percorsi in auto o sul bus, perché è la felicità a essere congelata in una dimensione atemporale, con l’io prigioniero dell’incredulità e della fatica di adattarsi al nuovo vissuto.

Come detto, l’autobiografismo marcato della raccolta non cede mai all’egotica autorappresentazione, non al pruriginoso scavo privato e neppure alla sublimazione formale dagli esiti freddi. Con rispetto di sé e dei lettori, Cattaneo offre una rilettura poetica di un dramma familiare che, proprio in virtù della delicata attenzione ai particolari comuni e alle emozioni umane, può finire con l’appartenere a tutti. Non sappiamo se per l’autore questa raccolta abbia avuto effettivamente un valore auto-terapeutico o se sia stata scritta con tale intento, in ogni caso, si coglie il potere della poesia di penetrare il buio del dolore e accompagnare verso la luce dell’accettazione, dell’adultità.

Poesie dalla raccolta La neve impressa (Independently published, 2024):

Sezione Anamnesi:

All’ombra dei cassetti,
le stoviglie erano diventate pigre,
resistenti al corpo di una casa addormentata
lo sguardo disperso
come quello di un navigante col niente intorno
uno scompiglio tradotto in pianto
e restare con un cappotto pronto a fuggire
dalla frenesia del rito
dalla naftalina tolta dall’armadio

tienimi in braccio
resto fermo con il bandolo d’un filo.

*

Entrare in un nodo
sviluppare il suo nastro
e ritrovare la ruggine
sotto i crocevia
dove l’odore della realtà
si compie in parte
in questo continuo scambio
di cose improvvise
affrontando i morsi
l’insurrezione del fuoco
le ferite d’innesto
trappole di lutti lunghi

s’impenna
alla radice
l’anamnesi di questo silenzio.

*

Ho le mani
che non possono toccarti
fogli arrotolati
nella cartella clinica
resto
analfabeta
perché mi sta dissanguando
questa tua tristezza

anamnesi chiara
conduce ad un chiodo arrugginito
eppure il profumo di ginestra
riempie
la mia scatola cranica.

Sezione Esilio:

l plaid con gli orsi polari
accarezza il tuo pigiama a rose fiorite
o appassite dentro un letto antidecubito
dove dormi
sopra barche mistiche
piene di parole
nude
diluviate
che scendono
fin dove non c’è risalita.

*

Gli occhi
sgomberavano le nubi agitate
ricordo il timo sul terrazzo
dissipare l’ombra
quel tuo sorriso debole
un campo recintato eroso
dalla gramigna

non vedo alberi fitti
il gelso nero
segue la sua dottrina.


Sezione Nevai:

Dieci passi
dieci i centimetri dal tuo letto al pavimento
un’ora fredda
e il caldo smisurato degli interni

mi tiene vivo
il saperti pacificare i morsi
che la vita ti ha dato

ora una luce
per ritrovare i giorni belli.

Mattia Cattaneo, nato a Trescore Balneario (BG) il 31-07-1988, abita a San Paolo d’Argon (BG) ed è laureato in Scienze della comunicazione. Adora la montagna e la natura. Lavora come assistente educatore presso una cooperativa. Dal 2019 è cofondatore dell’associazione culturale “Architetti delle Parole” con Carlo Arrigoni portando in scena numerose letture sceniche. Ha pubblicato alcuni libri di poesia e tre romanzi. Gestisce il gruppo FB “Circolare Poesia” atto a diffondere la poesia.

* In copertina il dipinto “Cacciatori nella neve” di Pieter Bruegel (1525 circa – 1569), dettaglio delle montagne.

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