Commento a margine (VIII) – Danila Di Croce

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Ciò che vedo è la luce di Danila Di Croce (prefazione Massimiliano Bardotti, peQuod, 2023)

Ci si può svestire di desideri,
abitudini e parole,
lavare e asciugare a fondo
ogni tristezza, ogni piacere,

ma rimane,

rimane sempre quell’odore
a ricordare quanto ancora manchi
per essere davvero nudi.

*

L’ho detto troppe volte
e forse mai davvero visitato:

perché nelle parole dell’amore
bisogna andarci dentro, come a casa,
appendere il cappotto all’ingresso
e poi restare stretti nell’abbraccio.

*

La sincerità non è sulle labbra,
non si mescola alle parole
della strada e della folla,
non sa d’esistere.
Si scopre abbassando il ginocchio
e il capo.

È sapere di essere guardati
da te
la sincerità.

*

Sei più presente, più di quanto il cuore
mi riveli. Sono io a non centrare
il punto, l’istante, a non sapere
la fermezza e la corsa del tempo
e dell’amore.
Basta allora anche questa pace
nuda, impalpabile, come un’acqua
che svapori.
Sono io l’assente.

*

Chi dice che il mondo non possa poi ridursi
a poco, ai confini di una stanza,
al respiro di ogni uomo.
Che ne sa il mondo intero della risalita
di un fiato, della curva di una bocca,
della spinta degli occhi.
Non ha gesti, il mondo, che non siano
le mosse minime di chi abita
i pochi centimetri del cuore.


“È possibile nominarsi assente quando discinti ci sporgiamo sulla sponda del vuoto mai vuoto se a sostenere il passo del cammino è un delicatissimo movimento di luce compiuto a bassa voce dove lo sguardo trova casa nei pochi centimetri del cuore. Perché è in pochi centimetri che si impara ad ascoltare il suono che all’alba s’intona, quasi essere preludio ad un volo custodito dentro al seme del silenzio odoroso sul grembo, piccolo germoglio protetto di vita. Vita avvertita nuda come nuda è la mano che Danila Di Croce eleva a verso e prodigio di un remoto canto inteso a nominare la parola prima che sia essa stessa parola, immersione e sintesi di una necessaria corrispondenza d’amore che di sua genesi è poetica di un dialogo con un tu vissuto quale accordatura ad un tutto partecipe del creato, mistica adesione di sensibile splendore. Ed è, forse, davvero così che s’impara la profondità / o la leggerezza che ha la luce / tra le foglie e i rami del bosco attraversato dimenticando tutta la logica della bocca per rendersi alla tenerezza di un andare imperfetto che, proprio perché imperfetto, ha nascita nella dimensione di un abbraccio capace di mostrare la verità – di pelle, odore e lacrime. Lacrime. Il dono delle lacrime, trasparenza di una ascesa che sa vedere dentro al respiro di ogni uomo.”



Danila Di Croce (1974) vive ad Atessa (CH) ed è docente di Lettere nel Liceo Scientifico della sua città. Ha pubblicato la sua prima raccolta di poesie, Punto coronato (ed. Carabba), nel 2011 e Ciò che vedo è la luce è l’opera vincitrice della XXI ed. di InediTO – Colline di Torino 2022. Con testi inediti è risultata prima al Premio Daniela Cairoli 2023, al Chiaramonte Gulfi – Premio Sygla 2023 (sez. B), al Premio nazionale editoriale di poesia Arcipelago itaca VIII ed., al Premio Arturo Giovannitti 2023 (con la silloge Dove ancora non siamo nati), al Premio Città di Acqui Terme 2023 (sez. E, più premio della Stampa) e al Premio Città di Sant’Anastasia 2023. È inoltre stata premiata o è risultata finalista anche nei concorsi Ossi di Seppia, Gianmario Lucini, Sinestetica, Gozzano, Europa in versi, Rodolfo Valentino, Bo-Descalzo, Poeti Oggi, Città di Como e Premio Zeno. È presente nel Settimo repertorio di poesia italiana contemporanea (AA.VV., Arcipelago Itaca 2023) ed entro il 2024 è prevista l’uscita, per la casa editrice puntoacapo, della silloge vincitrice del Premio Lago Gerundo 2023. Suoi testi figurano nell’antologia poetica virtuale Transiti Poetici (XL volume), a cura di Giuseppe Vetromile, e su alcuni blog e antologie legate a premi letterari.







Fotografia in copertina di Manuela Dimartino