Dio di speranza
di vicinanza e distanza
Dio che invoco
a parlare con me
come a un amico.
Dio che si fa nebbia
Dio che ritorna sempre
Dio che mi manchi tanto
e che vorrei abbracciare.
Dio che ti vorrei accanto
qui nella macchina vuota
per farti guidare
a occhi chiusi
addormentando il tempo.
(Paolo Parrini)
Questa è la più grande delle follie di Dio! Quella di esserci! Ed esserci così tanto da farci pregare, chiedere, che si metta al volante della nostra auto.
Qui, ora, si entra in un mistero tremendamente fitto, proprio nella settimana più misteriosa dell’anno, la settimana santa, quella che porta alla resurrezione di Cristo, passando dalla passione. Una settimana che è tutta la nostra vita. Perché a modo nostro ognuno e ognuna di noi vive la sua passione, e ognuna e ognuno di noi conoscerà la morte, la sua faccia, le sue fattezze, la sua natura, chi è e come è, da dove viene, a cosa è destinata la sua mano, perché esiste, ogni mistero ogni segreto ci sarà svelato nel mistero della morte. E allora finalmente sapremo che non consuma altro che il consumabile, che c’è una verità in noi che è indistruttibile, ed è sempre stata la nostra vera essenza, siamo sempre stati noi, quel che davvero da sempre siamo stati destinati a essere.
Tutto ci sarà rivelato, entrando nella morte. Ne conosceremo allora la compassione, la misericordia, ne conosceremo il cuore.
Tutto questo non sarà indolore, tutta questa avventura, questo pericoloso sapere passerà inevitabilmente da un dolore. Ecco perché Paolo ha scritto questi bellissimi versi. Ci sono momenti nella nostra vita in cui non basta più nulla, e non c’è davvero nulla e nessuno a cui puoi chiedere. Mi tornano alla mente i versi di una poesia splendida, di Daniele Mencarelli, nella sua opera per me più commovente, che ogni volta che torno a visitarla mi bagna gli occhi: Bambino Gesù.
All’alba come di notte tardi
quanti ne entrano a testa bassa,
tanti sembra si vergognino
di chiederti aiuto a mani strette,
tanti altri non li immagineresti
forse per gli abbigliamenti colorati
la poca dimestichezza con panche e ceri,
ma quando si siedono come si vede
che con la voce rotta gli occhi gonfi
ti chiamano, ti cercano veramente.
Anche io ho cominciato così, disperato, a cercarlo. Quando era finito tutto il resto, quando non avevo più la forza nemmeno per bestemmiare, quando ogni difesa era caduta, quando un malessere perfetto mi aveva preso tutto e io tutto mi ero perso, non riconoscevo più nemmeno il ventre di mia madre dal quale ero venuto, non riconoscevo di mio padre i lineamenti. Mi ero perso. E tutto avevo provato, ma la vita non aveva alcun senso per me. Allora ormai disperato l’ho chiamato, l’ho cercato, con la voce rotta e gli occhi gonfi.
E Lui si è lasciato trovare, era lì non aspettava altro. Mi conosceva già e conosceva il mio dolore, ma in virtù di una libertà sacra, che non ha mai violato, ha atteso che Lo chiamassi. Vedeste come subito si è precipitato, Lui tutto amore e null’altro.
Esserci, è la Sua più grande follia
