“Ho aspettato, la fronte/ sul legno della tua assenza”: Goliarda Sapienza

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Da “Ancestrale” (La Vita Felice, 2013)

Separare congiungere
spargere all’aria
racchiudere nel pugno
trattenere
fra le labbra il sapore
dividere
i secondi dai minuti
discernere nel cadere
della sera
questa sera da ieri
da domani

*

Vedi non ho parole eppure resto
a te accanto. Non ho voce eppure
muovo le labbra. Non ho fiato eppure
vivo e ti guardo. E forse è questo
che volevo da te, muta restare
al tuo fianco ascoltando la tua voce
il tuo passo scandire le mie ore.

*

Se sapessi il tuo viso, se potessi
riconoscerti ancora forse saprei
ritrovare quel senso che mi muore

*

Un altro giorno s’annega all’orizzonte
Il crisantemo del sole tra gli scogli
marcisce. Nei tuoi capelli
un’altra notte si addensa nera di pioggia
Ti riga il collo
mi piange fra le dita

*

Non sapevo che il buio
non è nero
che il giorno
non è bianco
che la luce
acceca
e il fermarsi è correre
ancora
di più

*

Un’ombra cade ansante sui cuscini
I tuoi capelli disciolgono un buio
intorno alle tue spalle
Già la tua vita
si perde nella notte del divano

*

Quante volte richiuso
l’uscio alle mie spalle
rigirata la chiave una due volte
ho aspettato, la fronte
sul legno della tua assenza

*

Non ricordo l’inizio del discorso
ricordo che improvviso il temporale
confuse le tue ciglia i miei pensieri

*

Serrare i pugni
alla bocca
per non dire
Serrare i pugni
sugli occhi
per non vedere
Buttarsi
in terra e scavare
in silenzio

*

Ho forzato il tuo sguardo e ora sento
che sfuggire non posso il tuo silenzio
Ora non posso altro che affondare
nel buio delle tue palme spalancate

*

Si ascolta
sempre una voce
Sempre
si guarda un viso
Si attende
ora per ora chi
deve arrivare
Si spia
il suo tornare
le sue albe
il suo accostarsi
nell’erba della sera
Ora sola
precipiti nel dirupo delle tue grida





Goliarda Sapienza (1924-1996) nacque a Catania. A partire dai 16 anni visse a Roma, dove studiò all’Accademia di Arte Drammatica. Negli anni 50-60 recitò come attrice di teatro e di cinema. Al suo primo romanzo “Lettera aperta”, seguirono “Il filo di mezzogiorno”, “L’università di Rebibbia”, “Le certezze del dubbio” e, postumi, per la cura di Angelo Pellegrino, “L’arte della gioia”, i racconti di “Destino coatto”, “Io, Jean Gabin”, “Il vizio di parlare a me stessa”.





Fotografia in copertina di Emiliano Cribari

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