Da “Quarantanove poesie e altri disturbi” (Marcos y Marcos 2023)
L’eco
Dentro la notte spessa
– fatte salve le stelle –
per il pascolo alpino me ne vado
al cospetto assoluto del Gran Carro
che tocca da sempre il crinale dei monti.
Nell’aria ferma, di cristallo
muove ora una voce – sono
in un luogo strano
e dentro un tempo strano, dice.
O forse è un’eco, e io non so
se sia dal fondo della valle
o dai larici radi, a provenire
e non lo so dove rifranga
se mentre dice proprio qui esisto
e ora io
dai secoli e altrove esisto
la odo dire.
*
Sueño
A Jean-Charles Vegliante
Avevo lasciato spalancati i vetri
sui resti della veglia, quella notte
sulla piazza che mai a distruggere
riusciranno, mi dicevi, mai.
Ti ho creduto, o era un sogno.
Della riva da cui scrivo conoscevo
dentro un piccolo sonno
la chiara smemoranza quella notte.
*
D’Europa
O forse nemmeno il lichene
verrà risparmiato, o la luce di oggi
è già oltretomba. Le settimane andate
possono alternativamente dirsi
pace o deserto, ormai fa uguale.
Io a malapena qui odo
tubare il colombo che all’alba
viene a posare sopra la ringhiera
su una coltre di neve. Nel panificio
più costoso d’Europa
in largo La Foppa a Milano
cercava briciole di pane.
Ammazzalo, gridavano – elegantissimi
a quello di loro con il bastone in mano.
Qui ora io altro non odo
che un tubare innevato, che viene
da ringhiere di cenere.
*
L’assedio
Da diciassette mesi abito
solo le grandi, semivuote stanze
o qualche metro quadrato di campagna
seduta al tavolino, dentro un assedio
di glicine, papaveri, altee
rosa canina. Alle spalle il sentiero
da cui è mai arrivato qualcuno.
Sopra la testa si inarcano
gli steli della rosa
lambiscono la sedia, il tavolino.
Le mie carte non temono le spine.
*
Habitat
Saliamo io e Sofia sul Monte Stivo
fra abeti rossi e larici.
Lei mi racconta che l’inverno, ormai
non riesce a sterminarlo, il bostrico
il minuscolo bostrico che gli alberi devasta
da sotto la corteccia. Io mi piego
verso un resto impietrito di neve
a stento ne raccolgo un pugno
cerco di celare il pianto. Ma Sofia
meglio non fossimo salite
a camminare qui, mi dice.
Lo sai, vorrei risponderle, che qui
qui dove salgo abito, conosco il bostrico
la siccità, le ceneri; da sotto la corteccia
estate o inverno, la storia mi consuma.
Invece taccio. Le prendo la mano.
Insieme scendiamo per il bosco.
Cristina Alziati è nata nel 1963 e ha studiato filosofia. Vive a Bolzano. Il suo esordio poetico risale al 1992, quando una sua silloge, presentata con grande convinzione da Franco Fortini, esce in un’antologia. Nel 2005 pubblica il suo primo libro, A compimento (Manni), che, nel 2006, si aggiudica il Premio internazionale di poesia Pier Paolo Pasolini e giunge finalista al Premio Viareggio-Opera prima. Nel 2011 Marcos y Marcos dà alle stampe Come non piangenti, Premio Marazza (2012), Premio Pozzale – Luigi Russo (2012) e premio Premio Stephen Dedalus-Pordenonelegge (2013); quest’ultima raccolta ispira Carlo Boccadoro, che compone Quattro liriche su versi di Cristina Alziati per mezzosoprano e pianoforte (Ricordi, 2013).
Fotografia in copertina di Luca Pizzolitto
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