a cura di Mara Venuto
immagine di copertina di Anatolij Dnistrovyj
Per quanto attesa – “per un mese abbiamo aspettato la guerra” – l’esperienza, nel suo erompere, coglie il poeta e la sua gente impreparati, e incapaci di ricomporre il prima con il dopo. L’ampio ricorso al “noi” come soggetto, approfondisce al contempo l’unità del punto di vista, e la partecipazione del popolo ucraino come un corpo unico al proprio dramma collettivo.
L’assenza di punteggiatura, sopperita dagli spazi e dagli a capo, i versi sospesi e fluttuanti in una area intima e irrisolta, amplificano la sensazione di inconcepibile e di indicibile, di vissuto non più conforme, intraducibile poeticamente.
Le poesie pubblicate nel libro, non a caso, evocano questa percezione di caducità e di passaggio esistenziale destinato all’oblio e alla cancellazione.
La raccolta si compone di due sezioni: la prima, che racchiude poesie scritte durante la fase iniziale del conflitto, e la seconda, che include alcune poesie precedenti, scritte in anni differenti.
Tra le due parti esiste una difformità contenutistica evidentemente: la guerra, che irrompe nella quotidianità dell’uomo abituato alla pace, genera infatti una frattura interiore e monopolizza il dettato, marcando l’impossibilità di recuperare altri temi familiari alla poesia, come l’amore o la memoria. Tuttavia, in comune tra le due sezioni vi è una scrittura piana, un linguaggio lineare, ancorato alla quotidianità e alla concretezza che trattiene dall’alienazione. In tutta l’opera aleggia una traccia malinconica, la consapevolezza dell’autore dell’impermanenza e dell’impossibilità, persino per la poesia, di pacificare la guerra interiore.
una donna con trecce nere e occhi colmi di notizie
piangeva sui fantasmi dei giorni invernali
e sussurrava
per la fuga
c’è ancora tempo e forza
donna con trecce nere e occhi colmi di notizie
quando alla finestra ulularono le sirene
al commiato disse
non è ancora spaventoso
se ci sono avvenimenti
se noi
siamo ancora qui
una donna con trecce nere e occhi colmi di notizie
che cosa accadrà
se tu
chiuderai gli occhi
2022
*
oltre l’orizzonte ancora una cannonata
è arrivato uno straniero
una quieta serata di neve
le orme dei bimbi che su una strada bianca
conducono là
dove noi
eravamo
felici
2022
*
i miei vestiti non saranno mai come
erano prima della guerra
il giubbetto liso che mi riscalda da due settimane
le mie scarpe nuove ora sono diventate vecchie
quasi avessero calpestato centinaia di strade
quasi avessero visto alcuni inverni
sembra che resteranno
in questi duri geli
per sempre
12.03.22
*
quando si quietano le conversazioni sui problemi globali
e le nuovissime teorie scientifiche
svaniscono i pensieri affannati sui sogni
e i piani spettrali per l’estate irreale
allora
parlano le dita
che sfiorano il volto dell’amata
parlano le dita
che spezzano un tozzo del pane dell’altro ieri
si riscaldano per un respiro ardente
chiudono gli occhi
a un soldato
per sempre
giovane
13.02.22
*
prima di dormire sono uscito in strada col bimbo
a guardare il cielo notturno
gli ho mostrato le costellazioni
l’orsa maggiore e minore
orione e il leone
e a me lui ha mostrato
come si muovono veloci
simili a stelle
due razzi
5.03.2022
*
disseminati i mondi dei libri scritti
come foglie morte d’autunno
sotto la neve di marzo
in quali tempi lontani tutto ciò è accaduto
in quali tempi non sentivamo le sirene
qui solo un attimo
qui noi siamo
con gli specchi degli occhi
dov’è il nero torbido e i falò serali
polverume sulle labbra del poeta
egli tace
infatti le parole non nate
palpitano
come vasi sanguigni
29.03.22
Poesie dalla seconda sezione “Poesie di anni diversi”
“Dnistrovyj” è uno pseudonimo che deriva dal nome del fiume Dnister.
Tra le sue raccolte poetiche si ricordano: Na smert’ Klio [Per la morte di Clio] (1999); Žovta imla [La foschia gialla] (2001); Pokynuti mista [Città abbandonate] (2004); Chronika drukars’koï mašynky [La cronaca della macchina per scrivere] (2009); Čerepacha Čarl’za Darvina [La tartaruga di Charles Darwin] (2015); Čorna p’jatnycja [Venerdì nero] (2022). Tra i romanzi: Misto upovil’nenoï diï [Una città dall’azione rallentata] (2003); Drozofila nad tomom Kanta [La drosofila su un volume di Kant] (2010). Ha pubblicato sulle riviste letterarie “Kal’mijus”, “Sučasnist’”.
Suoi testi sono stati tradotti in inglese, tedesco, serbo, armeno, ceco, polacco; suoi versi in traduzione italiana sono apparsi nell’antologia Made in Ukraine (2013) e sulla rivista “L’Immaginazione”.
Dal 2013 si dedica alla pittura.
Suoi quadri sono esposti in gallerie private in Ucraina, Moldavia, Francia, Canada, come nel Museo Nazionale Taras Ševčenko e al Museo letterario di Charkiv.
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