L’irruzione della guerra nella vita e nella poesia | alcune poesie di Anatolij Dnistrovyj, “Inattesa è giunta la guerra”

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a cura di Mara Venuto
immagine di copertina di Anatolij Dnistrovyj

A metà luglio, a cinque mesi di distanza dall’inizio della guerra in Ucraina, la casa editrice Macabor ha dato alle stampe la raccolta poetica “Inattesa è giunta la guerra” del poeta e artista ucraino Anatolij Dnistrovyj, con la traduzione di Paolo Galvagni, senza dubbio fra i migliori traduttori italiani di letteratura russa e ucraina.

Le poesie presenti nella prima sezione del libro sono state scritte dall’esordio del conflitto fino all’8 aprile: occupando l’arco del primo mese e mezzo di guerra, i testi rispecchiano in modo nitido la percezione di irrealtà suscitata dall’irruzione del trauma bellico e, non a caso, “irreale” è un aggettivo ricorrente nei componimenti.
Per quanto attesa – “per un mese abbiamo aspettato la guerra” – l’esperienza, nel suo erompere, coglie il poeta e la sua gente impreparati, e incapaci di ricomporre il prima con il dopo. L’ampio ricorso al “noi” come soggetto, approfondisce al contempo l’unità del punto di vista, e la partecipazione del popolo ucraino come un corpo unico al proprio dramma collettivo.
L’assenza di punteggiatura, sopperita dagli spazi e dagli a capo, i versi sospesi e fluttuanti in una area intima e irrisolta, amplificano la sensazione di inconcepibile e di indicibile, di vissuto non più conforme, intraducibile poeticamente.

Anatolij Dnistrovyj, figlio del noto poeta, critico letterario e docente universitario Oleksandr Astaf’ev, ha scelto sin dal 1993 di utilizzare uno pseudonimo per firmare i suoi libri e le sue opere d’arte.  Lo pseudonimo assunto riprende il nome di un fiume, lo Dnister, corso d’acqua destinato a perdersi, come dichiarato dallo stesso autore in un’intervista citata da Paolo Galvagni nella postfazione.

Le poesie pubblicate nel libro, non a caso, evocano questa percezione di caducità e di passaggio esistenziale destinato all’oblio e alla cancellazione.
La raccolta si compone di due sezioni: la prima, che racchiude poesie scritte durante la fase iniziale del conflitto, e la seconda, che include alcune poesie precedenti, scritte in anni differenti.
Tra le due parti esiste una difformità contenutistica evidentemente: la guerra, che irrompe nella quotidianità dell’uomo abituato alla pace, genera infatti una frattura interiore e monopolizza il dettato, marcando l’impossibilità di recuperare altri temi familiari alla poesia, come l’amore o la memoria. Tuttavia, in comune tra le due sezioni vi è una scrittura piana, un linguaggio lineare, ancorato alla quotidianità e alla concretezza che trattiene dall’alienazione. In tutta l’opera aleggia una traccia malinconica, la consapevolezza dell’autore dell’impermanenza e dell’impossibilità, persino per la poesia, di pacificare la guerra interiore.

La raccolta “Inattesa è giunta la guerra”, di cui proponiamo di seguito un ampio corpus di testi, è stata tradotta da Paolo Galvagni e fa parte della Collana “I fiori di Macabor – Collana di poesia in trenta volumi” diretta dell’editore Bonifacio Vincenzi. L’opera include la prefazione di Silvano Trevisani e una nota di presentazione dell’autore a cura del traduttore.

Poesie dalla prima sezione “Inattesa è giunta la guerra”:

una donna con trecce nere e occhi colmi di notizie

di notte in silenzio ascoltava la pioggia
piangeva sui fantasmi dei giorni invernali
e sussurrava
per la fuga
c’è ancora tempo e forza

donna con trecce nere e occhi colmi di notizie
quando alla finestra ulularono le sirene
al commiato disse
non è ancora spaventoso
se ci sono avvenimenti
se noi
siamo ancora qui

una donna con trecce nere e occhi colmi di notizie
che cosa accadrà
se tu
chiuderai gli occhi

2022


*


oltre l’orizzonte ancora una cannonata
è arrivato uno straniero
una quieta serata di neve
le orme dei bimbi che su una strada bianca
conducono là
dove noi
eravamo
felici

2022


*


i miei vestiti non saranno mai come
                                           erano prima della guerra
il giubbetto liso che mi riscalda da due settimane
le mie scarpe nuove ora sono diventate vecchie
quasi avessero calpestato centinaia di strade
quasi avessero visto alcuni inverni
sembra che resteranno
in questi duri geli
per sempre

12.03.22


*


quando si quietano le conversazioni sui problemi globali
e le nuovissime teorie scientifiche
svaniscono i pensieri affannati sui sogni
e i piani spettrali per l’estate irreale

allora
parlano le dita
che sfiorano il volto dell’amata
parlano le dita
che spezzano un tozzo del pane dell’altro ieri
si riscaldano per un respiro ardente
chiudono gli occhi
a un soldato
per sempre
giovane

13.02.22


*


prima di dormire sono uscito in strada col bimbo
a guardare il cielo notturno
gli ho mostrato le costellazioni
                                           l’orsa maggiore e minore
                                           orione e il leone
e a me lui ha mostrato
come si muovono veloci
simili a stelle
due razzi

5.03.2022


*


disseminati i mondi dei libri scritti
come foglie morte d’autunno
                                   sotto la neve di marzo
in quali tempi lontani tutto ciò è accaduto
in quali tempi non sentivamo le sirene

qui solo un attimo
qui noi siamo
con gli specchi degli occhi
dov’è il nero torbido e i falò serali
polverume sulle labbra del poeta
egli tace
infatti le parole non nate
                             palpitano
                             come vasi sanguigni

29.03.22




Poesie dalla seconda sezione “Poesie di anni diversi”


Via Kyïvs’ka, 18

a Bohdan I. Mel’nyčuk

1

non posso guardare la casa grigia a nove piani
a ternopil’ (*)
dov’è trascorsa l’infanzia e la giovinezza

le finestre a oriente danno sullo stadio verde
e sulla scuola dove ho studiato
a volte ricordo le maestre stupide
principalmente ex contadine che avevano
studiato all’istituto pedagogico locale
amavano chiedermi della vita di mia mamma sola
mi irritava un po’ la loro rozza pronuncia campagnola
a volte ricordo le lezioni di ginnastica
per la quale ho sempre avuto ribrezzo
a causa delle dubbie vittorie sul mio corpo
e della poca voglia di indossare la tuta
a volte le zuffe quotidiane coi coetanei
i lividi sotto gli occhi
anche le ragazze che mi piacevano

è notevolmente invecchiata quella casa
in vent’anni
molti non ci sono più
ma pure i vivi chissà perché stanno stretti nei ricordi

un amico dei miei genitori di un altro portone
scrive prosa e beve molto
non l’avevo mai capito
solo ora che ho trent’anni so che
scrivere e non bere è quasi impossibile

a volte questa casa somiglia
alla carcassa di un enorme veliero disperso nel deserto
specialmente quando ricordo la sua antica irrequietezza
le cellule vive che ora si sono atrofizzate

2

i perenni passeri e i falchi sopra la casa
le urla degli uccelli-preda che tagliano l’aria


*

la mia figliola ha riposto
una fogliolina stinta autunnale
sul manoscritto
del nuovo libro

2019


*

non siamo
quelli che sembriamo al vento delle ore
quelli che ogni giorno restiamo nello specchio
quando parliamo per parlare
e svaniamo dopo l’amore
in noi c’è tutto per non conoscerci mai
ira e terrore
gioia cibo vino
per scomparire nel labirinto delle nostre ansie
per perdere il nome ancora e ancora
e raccoglierne i frammenti quando è troppo tardi

2018

*


l’annunciatore del notiziario ha inaspettatamente
                                                             tossito in diretta

il suo volto contorto è arrossito
poi ha afferrato con una mano la cravatta
ed è caduto dalla sedia
l’unica notizia autentica
che io ricordo finora

2017
Anatolij Dnistrovyj è poeta, prosatore, saggista, traduttore, filosofo, pittore, pescatore. Figlio di Oleksandr Astaf’ev, noto poeta, critico letterario e professore universitario, è nato nel 1974 a Ternopil’ e vive a Kyïv. Si è laureato alla facoltà storico-filologica, poi ha conseguito il dottorato in filosofia. Ha insegnato all’Università, filosofia negli anni 1997-2000, poi filologia nel 2003.
“Dnistrovyj” è uno pseudonimo che deriva dal nome del fiume Dnister.

Ha diretto la pagina culturale della rivista “Ukraïns’kyj tyžden’”. Ha fondato e diretto il gruppo letterario “Gli amici di Eliot” (1993-97). È membro dell’Associazione degli scrittori ucraini e del Pen-Club dell’Ucraina.

Tra le sue raccolte poetiche si ricordano: Na smert’ Klio [Per la morte di Clio] (1999); Žovta imla [La foschia gialla] (2001); Pokynuti mista [Città abbandonate] (2004); Chronika drukars’koï mašynky [La cronaca della macchina per scrivere] (2009); Čerepacha Čarl’za Darvina [La tartaruga di Charles Darwin] (2015); Čorna p’jatnycja [Venerdì nero] (2022). Tra i romanzi: Misto upovil’nenoï diï [Una città dall’azione rallentata] (2003); Drozofila nad tomom Kanta [La drosofila su un volume di Kant] (2010). Ha pubblicato sulle riviste letterarie “Kal’mijus”, “Sučasnist’”.

Suoi testi sono stati tradotti in inglese, tedesco, serbo, armeno, ceco, polacco; suoi versi in traduzione italiana sono apparsi nell’antologia Made in Ukraine (2013) e sulla rivista “L’Immaginazione”.

Traduttore dal tedesco, dal polacco, dal ceco, dal bielorusso.
Dal 2013 si dedica alla pittura.
Suoi quadri sono esposti in gallerie private in Ucraina, Moldavia, Francia, Canada, come nel Museo Nazionale Taras Ševčenko e al Museo letterario di Charkiv.


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