A tu per tu (XVI): Camilla Ziglia

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Qual è il seme da cui è germinata la tua poesia?

Nell’autenticità che cerco, il seme sono io tutta, con le mie amplificazioni: io nel mondo e con il mondo. Io e gli altri. Vedo un rizoma sottoterra, al tepore del pianeta e della stella. Molteplici steli si allungano da lì, in disegno parallelo irregolare. Sono i suoni poetici, generati dal rizoma del mio seme.
Il germe consapevole del ritmo lavorato sta per me nei metri greco-latini e nello sforzo dell’esametro, prima ancora dell’esercizio petrarchesco, che trovavo più freddo: sorprendo spesso l’adonio a chiusura delle mie composizioni in versi liberi.


Quale la sua genesi nel tempo?

È tempo lungo il tempo della terra, e sarà lei a raccogliere la mia voce definitiva. Per ognuno la genesi è lontana, infantile. Dico ognuno. I miei primi balbettii in cerca di un senso nel ritmo sono remoti, il desiderio di comunicazione e condivisione invece è nato tardi, perché ha richiesto un accostamento più razionale che fascinoso e sporadico alla dea inviolabile, la Letteratura. Concedo a me stessa un lavoro di buon artigianato, il furore della finale provinciale scapoli-ammogliati.

Quali i poeti che negli anni hai sentito più affini alla tua sensibilità?

Ricordo distintamente in preadolescenza (complici mia madre e i sussidiari strutturalisti imperanti che osavano l’iper-contemporaneo) il passaggio dalle fiabe alle visioni inedite di Gianni Rodari (indimenticabile per me “Il semaforo blu” e alcune filastrocche) che anni dopo ho riagganciato in Calvino, nei simbolismi complessi di Kafka e Buzzati o nelle inquadrature di Szymborska; mi hanno insegnato ad esercitare il pensiero divergente, a ridimensionare la tentazione retorica e lasciare sulle antologie scolastiche orme di gallina che tenta il volo. Altro momento indelebile di consapevolezza fu l’imbattermi improvviso, dopo un anno scolastico trascorso sull’Inferno dantesco, in «L’alba vinceva l’ora mattutina /che fuggia innanzi, sì che di lontano /conobbi il tremolar de la marina» (Pg. I, 115-117): pensai che fosse il passaggio più bello mai letto in vita mia e la nota al testo mi diede conferma dell’eccellenza. Capii di capire, ma era certo già successo tempo prima. Ora, se considero luci e tremori di superficie del mio Rivelazioni d’acqua, mi accorgo che avrei dovuto rispondere con questo seme alla prima domanda.
La poesia contemporanea si è fatta strada al contrario: quando stavo io dall’altra parte della cattedra e tentavo animi privi di categorie storiche ma non certo bambini.


Ti ritrovi nella riflessione, trascritta di seguito, di Giacomo Leopardi?

Felicità da me provata nel tempo del comporre, il miglior tempo ch’io abbia passato in mia vita, e nel quale mi contenterei di durare finch’io vivo. Passar le giornate senza accorgermene, parermi le ore cortissime, e maravigliarmi sovente io medesimo di tanta facilità di passarle.
(Giacomo Leopardi, Zibaldone, 4417-18, 30 novembre 1828).

Quanti penseranno che dopotutto al Recanatese altro non concedesse la salute, invece no! Egli non si sconfessa mai come io-universale: il furore creativo è inebriante, dionisiaco, vitalissimo! Il labor limae successivo è enigmistico, sfidante, addirittura provocatore. La sistemazione di una raccolta è concettuale, pianificatrice e responsabile.
Il brano proposto non cita la frustrazione del barlume che non si fa idea, del giro di suoni che non torna, dell’intuizione che in rilettura delude. Sentimento più mio che di Leopardi, certamente, ma chiunque si cimenti prova l’ostinazione della forma che «non s’accorda / molte fiate a l’intenzion de l’arte» (Dante, Pd., I, 103-105). Eppure, talvolta accade. Allora appaga così profondamente e a lungo! Per questo molti scrivono e pochi leggono? Accidenti, dove mi sono cacciata!















Camilla Ziglia è nata e vive a Brescia. Per la diffusione della poesia ha condotto una rassegna di presentazioni, ha preso parte a lavori di giuria di premi per adulti e scolastici. Collabora occasionalmente con una casa editrice come editor e è componente della redazione dell’Enciclopedia dannunziana online (progetto ministeriale e del Vittoriale). Ha condotto un laboratorio di aggiornamento per il personale docente (UST Brescia) su «Poesia e conoscenza del sé».
Sue letture hanno accompagnato il vernissage della mostra fotografica di Roberto Damiani “Lo spessore dell’acqua” (esposto al Museo Ken Damy di Brescia e a San Lorenzo di Gussago); ha esposto i propri testi nella mostra fotopoetica curata dal fotografo e studioso Giuseppe Mongiello presso e con il patrocinio dell’Accademia degli studi salodiani.
Suoi inediti hanno ricevuto riconoscimenti in concorsi letterari e compaiono in diverse antologie ad essi legate; la raccolta poetica Rivelazioni d’acqua (2021, Puntoacapo Editrice) è stata più volte premiata e recensita (alcuni link di consultazione al sito: https://alfredorienzi.wordpress.com/collaboratori-camilla-ziglia/). Altri testi sono pubblicati in blog, riviste e nelle antologie I giorni invisibili, a c. di Monica Moka Zanon (Il Babi editore 2023), iPoet, lunario in versi. Tredici poeti italiani (LietoColle 2019), Transiti poetici a c. di Giuseppe Vetromile, 2022; Lo sgabello degli angeli, a c. di Tania Di Malta, 2022.
Sue pagine critiche e recensioni sono consultabili in rivista scientifica “Letteratura e dialetti” di Fabrizio Serra Editore, in siti e blog come “Di sesta e di settima grandezza” e “LaboratoriPoesia” dei quali è redattrice, in “Voci” dell’Enciclopedia dannunziana.