La lingua degli uccelli (XXIII)- Rondine che viene, rondine che va… Parte prima: migrazione e nidificazione

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(con poesie di Franco Marcoaldi, Umberto Saba, Salvatore Toma, Pierluigi Cappello, Franco Fortini)



Insieme al Gabbiano, la “Rondine” è forse l’uccello più nominato nella poesia italiana, anche in quella moderna e contemporanea.
Abbiamo ormai imparato che il linguaggio della poesia (e del dire comune) non è sufficientemente preciso, quando si parla di uccelli. È, quindi, opportuna qualche precisazione ornitologica. La famiglia degli Irundinidi (Hirundinidae), dell’ordine dei Passeriformi, conta – tra rondini, topini e balestrucci – circa 90 specie suddivise in 20 generi, distribuite in tutti i continenti ad eccezione dell’Antardide. In Italia sono presenti – notoriamente come migranti – cinque specie nidificanti: il Balestruccio (Delichon urbicum), il Topino o Rondine riparia (Riparia riparia), la Rondine montana (Ptyonoprogne rupestris) e la Rondine rossiccia (Cecropis rufula) e soprattutto lei, la nostra Rondine comune (Hirundo rustica). Spesso si confondono le rondini con i rondoni (in Italia: Rondone comune, Rondone alpino e Rondone pallido) che appartengono a una famiglia diversa: gli Apodidi, “i senza piedi”, inadatti alla posa e adattati a tal punto alla vita aerea da accoppiarsi e persino dormire in volo[1].
Considerato che lo spazio a disposizione non mi può consentire approfondimenti dedicati ad ogni volatile, riporto qui – in omaggio alla straordinarietà aerea del Rondone (Apus apus), il più diretto tra i testi ad essa dedicati[2]:

Rondone
di Franco Marcoaldi[3]

Se è vera la notizia
che il rondone dorme in volo,
non resta più alcun dubbio
sul valore equipollente
di volare e sognare,
difficile da intendere
per chi è costretto al suolo.

Detto ciò, il resto del nostro viaggio – o meglio: del nostro volo – ornitopoetico avverrà in compagnia della Rondine comune o, per la nostra lingua, semplicemente Rondine.

Il sempre prezioso Volario, di Alfredo Cattabiani (Mondadori, 2022) dedica ampio spazio (pp. 356-368) agli aspetti mitologici, simbolici e tradizionali della Rondine, conseguenza inevitabile della lunghissima interazione tra l’uccello e gli umani e le loro civiltà: se ne consiglia fortemente la lettura, ma qui mi attende il non semplice compito di selezionare qualche citazione poetica tra le moltissime disponibili[4], poche, ma che risultino comunque significative. È dunque opportuno avviarci tra gli italici versi e strofe, non potendo neppure, per mission e motivi di spazio, soffermarci su areali più vasti di quelli di massima prefissati (poesia italiana dal Novecento ad oggi).
Procederò focalizzando alcuni aspetti della vita della Rondine, collimandone le testimonianze poetiche, ma prima presento dal Libro primo de La natura degli animali, di Claudio Eliano, una fotografia pressoché immutata dopo duemila anni: «La rondine annuncia l’arrivo della stagione più bella dell’anno. È un uccello assai amico dell’uomo che gradisce vivere con lui sotto lo stesso tetto: la rondine arriva senza essere stata invitata e se ne riparte quando le fa piacere.»


La sua migratorietà, che ne fa annunciatrice della primavera e dell’autunno[5], è forse l’aspetto più classico, talora screziato di lirismo: «Dunque rondini rondini, addio!// Dunque andate, dunque ci lasciate/ per paesi tanto a noi lontani./ E finisce qui la rossa estate»: comincia così, con una celebre anafora, la pascoliana Addio[6] (che, vedremo, offre altri spunti) cui fanno eco i versi ancor più struggenti di Umberto Saba: «la partenza delle rondini/ mi stringerà […] il cuore» e – sia pure in un contesto diverso e più stratificato – quel «voi volgete, rondini, all’addio»[7] con cui  Pier Paolo Pasolini, chiude L’umile Italia, uno degli undici poemetti che compongono Le ceneri di Gramsci, che sfida – con le sue tre parti di sette strofe di dieci versi ognuna (tranne una, di nove) – le forme tradizionali, smarcandosene: impossibile da riportare in toto in questa sede, ma che contiene, oltre a quello citato, molti altri versi ornitologicamente interessanti, di cui alcuni ritroveremo in seguito.
Stesso malinconico senso di addio rendono i versi di Gaetano Arcangeli: «Ma un giorno inavvertite via migrarono./ E a quei monti e a me migrasti tu,/ bruna rondine tesa e solitaria.»[8] e anche Giorgio Caproni ne vede l’allontanarsi, sia pure nel ciclo breve, non della stagione, ma del giorno: «Ad occidente, nel fuoco/ bianco d’un astro, scompare/ l’ultima rondine[9]».

Quest’anno…,
di Umberto Saba[10]

Quest’anno la partenza delle rondini
 mi stringerà, per un pensiero, il cuore.

Poi stornelli faranno alto clamore
sugli alberi al ritrovo del viale
XX Settembre. Poi al lungo male
dell’inverno compagni avrò qui solo
quel pensiero, e sui tetti il bruno passero.

Alla mia solitudine le rondini
mancheranno, e ai miei dì tardi l’amore.

Curioso, ma non inatteso: il breve – ma certo non esaustivo – florilegio mostra come il poeta sia sempre – o, almeno qui – più vicino all’ombra (la partenza autunnale) che alla luce (l’arrivo primaverile). Ce lo conferma altresì l’intensa composizione di Mario Luzi, La rondine ultima rimasta: «in alto assetata di calore/ noncurante delle altre/ già rientrate al nido[11]».
E anche quando si tratti delle prime rondini, i cuori sono tutt’altro che gioiosi e pacificati:

Prime rondini,
di Salvatore Toma[12]

Vi ho udite arrivare,
o prime rondini,
nel vento d’aprile,
sotto un cielo contrario al vostro umore.
Non andate, allegri lutti,
alle mie stupide città:
per guardarvi non hanno mani i cuori.

Da me che m’allontano da questi ulivi
fiorite i vostri gridi di sperduto.

Naturalmente, non può essere che un aspetto così icasticamente lieto come il ritorno delle rondini a primavera, ad annunciare la buona stagione (o la fine di quella brutta, fate voi…), sia riservato e circoscritto ai proverbi o al poetese. Ci soccorre, paradossalmente, la leggerezza – dedicata alla nipotina Chiara – di chi, meno di altri, avrebbe avuto motivo ad altro tono:

Rondine,
di Pierluigi Cappello[13]

La rondine è una virgola
una virgola nel cielo,
una stellina singola
che fa fuggire il gelo.

Lei porta il buonumore
delle stagioni nuove
lei porta lo splendore
del mondo che si muove.

La vedi da quaggiù
la segui con il dito
ma lei non c’è già più,
l’incanto è già sparito


2.
Un altro aspetto “poeticamente sensibile” è la fedeltà del volatile ai luoghi della nidificazione, come  in pochi versi focalizza Gabriella Sica: «Di fango il nido impastava fedele/[…]/ obbediente la rondine alle stelle[14]» e, più matericamente, descrive Franco Fortini:

La gronda,
di Franco Fortini[15]

Scopro dalla finestra lo spigolo d’una gronda,
in una casa invecchiata, ch’è di legno corroso
e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano
qualche volta. Qua e là, sul tetto, sui giunti
e lungo i tubi, gore di catrame, calcine
di misere riparazioni. Ma vento e neve,
se stancano il piombo delle docce, la trave marcita
non la spezzano ancora.

Penso con qualche gioia
che un giorno, e non importa
se non ci sarò io, basterà che una rondine
si posi un attimo lì perché tutto nel vuoto precipiti
irreparabilmente, quella volando via.

Che la nidificazione avvenga in familiarità con le case degli uomini («gronde», «tetto», «trave»), con i loro «balconi di pietra[16]», comporta che ci si possa emozionare e intenerire con lo spettacolo delle rondinelle imboccate dai genitori. È così che i «rondinotti» e le «rondinelle» entrano a far parte del lessico affettivo-vezzeggiativo, trasmutando l’entità zoologica in simbolo di delicato affetto. Particolarmente caro – il lemma «rondinella/e» – ad Amelia Rosselli, che varie volte lo inserisce nei propri versi, spesso in associazione a «nido»[1]: «O rondinella che colma di grazia inventi le tue parole e fischi/ libera fuori d’ogni piantagione/ con te ballerei molto al di là dei nidi precisi (p. 171); «le rondinelle fanno deriso nido» (p. 205); «la rondinella che volava molto tranquilla/ nelle sue nida d’ironia» (p. 227).


[1] Amelia Rosselli, Variazioni belliche, in Le poesie, a cura di E. Tondello, Garzanti, 2019.

A proposito di nidi è interessante il racconto che Claudio Damiani, nel suo stile narrativo e “semplice”, immagina con un piccolo di Balestruccio (Delichon urbicum) che sta soccorrendo, insieme a una ragazza della LIPU: «avrei voluto chiederti/ se già avevi in mente la tecnica/ di costruzione del nido/ o se […]/ avresti imparato al momento/ dai più anziani». Ma cosa avrebbe potuto dire il rondinotto ferito? «…non lo so/ perché la facciamo così perfetta quella forma/ senza metro e livella/ che ne so perché la facciamo così bella?»[18] Il Balestruccio non ha la coda biforcuta e la macchia rossa nel sottogola, né i riflessi bluastri della Rondine comune; inoltre costruisce nidi a forma di quarto di sfera chiudendoli quasi completamente e lasciando solo un piccolo foro d’ingresso con un’unica apertura, spesso attaccati agli angoli dei tetti, la Rondine che crea nidi a coppa aperti. Il suo volo, inoltre, è più manovrato e irregolare di quello, filante e lineare, della sua cugina più famosa.

Ho così potuto lasciare una pur minima traccia anche del Rondone e del Balestruccio. Riguardo alla Rondine, che ha visitato le osservazioni e le ispirazioni davvero di moltissimi poeti, dopo avere repertato e commentato poesie e versi relativi ad un paio di aspetti peculiari, quali la migrazione e la nidificazione, chiudo questa prima parte per non sovradimensionarla. Nella seconda esporrò ulteriori testimonianze, nella poesia italiana moderna e contemporanea, relative ad altre caratteristiche basilari: il volo e il garrire e, forse, aggiungerò qualche appendice conclusiva.


[1] Ciò è reso possibile dal sonno uniemisferico a onde lente (USWS), che permette loro di far riposare metà del cervello alla volta mentre l’altra metà rimane vigile per controllare il volo e l’ambiente circostante. Alcuni studi hanno persino dimostrato che i rondoni comuni possono rimanere in volo per 10 mesi consecutivi, senza mai atterrare! Meccanismi analoghi sono noti anche nei cetacei e in altri uccelli migratori.

2] Non solo alla Rondine, ma anche al Rondone sono state dedicate attenzioni da diversi importanti poeti, tra i quali Giovanni Pascoli (In alto, in Le gioie del poeta, in Myricae, II edizione, Giusti, 1892), Giorgio Caproni (in Sei ricordo d’estate e in Dietro i vetri, in Come un’allegoria , Degli Orfini, 1936), Corrado Govoni (Congedo, in Preghiera al trifoglio, Casini, 1953), Eugenio Montale (Il rondone, in Diario del ‘71 e del ’72, Mondadori, 1973), Giovanni Giudici (Rondone, in La vita imperfetta, in Empie stelle, Garzanti, 1996) ecc. Particolarmente precisa – e arriviamo ai giorni nostri – la citazione di Danila Di Croce: «Non tocca mai il suolo/ il volo del rondone […]/ Il passo breve delle zampe/ lo confina a un varco aperto/ all’infinito […]/ non sa che qui da terra non s’apre/ il volo» (Dove ancora non siamo nati, puntoacapo, 2024).

[3] Franco Marcoaldi, Animali in versi, 2022, p. 91.

[4] Mino Petazzini, nel suo enciclopedico La poesia egli animali, che dedica il Volume 3 (Luca Sossella Ed., 2024) agli uccelli, riserva alla Rondine & C. uno spazio estesissimo (pagg. 815-860) con decine di poesie italiane e straniere.

[5] Due proverbi popolari sono notissimi: «San Benedetto, la rondine sotto il tetto», giacché tradizionalmente il Santo norcino si festeggiava – e si festeggia tutt’ora per gli Ordini Monastici – il 21 marzo (nel 1964, Papa Paolo VI proclamò San Benedetto da Norcia Patrono d’Europa spostando la data all’11 luglio e l’ancor più noto «una rondine non fa primavera», già noto ai latini («Una hirundo non efficit ver», Orazio, Epistole, I, 7, 13).

[6] Giovanni Pascoli, Addio, in Canti di Castelevecchio, 1903.

[7] Pier Paolo Pasolini, Le ceneri di Gramsci, Garzanti, 1957.

[8] Gaetano Arcangeli, La rondine, in L’Appennino e nuove poesie, Mondadori, 1963.

[9] Giorgio Caproni, in Vespro, da Come un’allegoria, in Antologia personale, Garzanti, 2017, p. 38.

[10] Umberto Saba, Uccelli, Edizioni dello Zibaldone, 1950.

[11] Mario Luzi, La rondine ultima rimasta, in Frasi e incisi di un canto salutare, Garzanti, 1990.

[12] Salvatore Toma, Prime rondini, in Poesie (1970-1983), Musicaos Ed., p. 15.

[13] Pierluigi Cappello, Ogni goccia balla il tango. Rime per chiara e altri pulcini, Rizzoli, 2014.

[14] Gabriella Sica, La rondine, in Poesie d’aria, Interno Libri Edizioni, 2022.

[15] Franco Fortini, Una volta per sempre, Mondadori, 1963.

[16] Vittorio Bodini, Corniola, in Vittorio Bodini. Tutte le poesie, a cura di Oreste Macrì, Besamuci Ed., 2023, p. 218

[17] Amelia Rosselli, Variazioni belliche, in Le poesie, a cura di E. Tondello, Garzanti, 2019.

[18] Claudio Damiani, Piccolo balestruccio, in Il fico sulla fortezza, Fazi, 2012.

Immagine di copertina: Rondine comune ai Murazzi di Torino, giugno 2023, foto di Alfredo Rienzi