La lingua degli uccelli (XVII)- Falchi e falconieri, gheppi e “non falchi” – Parte prima

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Con poesie di Giancarlo Baroni, Alida Airaghi, Franco Marcoaldi, Eugenio Montale e Camillo Pennati, e con versi di Y.B. Yeats


I rapaci diurni appartengono, come precisato negli articoli precedenti, a due distinti ordini, gli Accipitriformi (come: aquile, nibbi, astori, sparvieri, poiane, bianconi eccetera e, con qualche distinguo, avvoltoi) ai quali abbiamo già dedicato pagine e i Falconiformi (falchi, gheppi, grillai, lodolai eccetera), quali ci occuperemo ora, morfologicamente simili ma geneticamente più imparentati agli Psittaciformi (Pappagalli) e Passeriformi.

Non sempre è agevole, per i non esperti, attribuire una specie a uno o all’altro ordine e, talora, anche la nomenclatura non aiuta, tanto che il Falco pecchiaiolo – o, semplicemente Pecchiaiolo (Pernis apivorus) -, il Falco giocoliere (Terathopius ecaudatus), il Falco di palude (Circus aeruginosus) e il Falco pescatore (Pandion haliaetus) sono parenti – a dispetto del nome volgare – delle Aquile e non dei Falchi propriamente detti. Anche a questi “non-falchi” dedicheremo, nella Parte seconda, qualche attenzione.

In effetti il “falco” non è una specie: non esiste “il falco” propriamente detto, ma è un genere, Falco, che comprende diverse specie (un po’ come non esiste “la pantera”), quali, per restare ai nidificanti o almeno presenti in Italia: Falco pellegrino comune (Falco peregrinus), Falco della regina (F. eleonorae), Gheppio comune (F. tinnunculus), Grillaio (F. naumanni), Lanario (F. biarmicus), Lodolaio eurasiatico (F. subbuteo), Smeriglio (F. columbarius) e altri.

Ovviamente, nella mitologia, nella tradizione, nella simbologia e, ancor più, nella poesia le cose sono più semplici e, banalizzando solo un pochino, spesso “un falco è un falco”! E, in quanto a valenza simbolica e iconografica è tra i rapaci diurni, con l’Aquila e l’Avvoltoio, il vero protagonista. Inoltre, come solo capita agli animali più popolari o dalle caratteristiche peculiari, il rapace possiede anche un suo proprio senso figurato, intendendosi per falco «una persona di carattere fiero e vivace» (Treccani online), di «persona rapace; insidiatore astuto» (Zanichelli, 1959) e, dalla seconda metà del ‘900 nella pubblicistica politica occidentale, sono detti “falchi” i sostenitori di linee politiche dure e intransigenti e, ovviamente” “colombe” i loro antagonisti politici, richiamando la cruda corrispondenze tra prede e predatori.

Ma torniamo ai più vasti e alti orizzonti della Storia e della mitologia. Dal dio-falco, Horus, tra i principali del pantheon egiziano al falco apollineo[1], da simbolo (conteso all’Aquila), nella tradizione zoroastriana, di Ahura Mazda a simbolo solare nella religione mitraica, il rapace ha avuto grande ruolo nella mitologia e nella storia antica; ed ha continuato ad averne anche successivamente, come nei diversi miti di metamorfosi greco-romani, sempre con la similitudine e sotto la protezione di Apollo e nei molti, ma mai univoci, simbolismi del cristianesimo, dell’agiografia e dell’araldica.

Come dardi scagliati all’indietro nel tempo i versi di Giancarlo Baroni e di Alida Airaghi coinvolgono i falchi nei loro attributi mitologici. Il primo, con il suo particolare incedere antilirico e arguto, nel chiacchiericcio delle creature alate, fa domandare:

«Spiegateci perché
gli Egizi che innalzarono
i monumenti più belli
avevano come simbolo
dei loro faraoni
la testa adunca del falco?»[2]

Il volo rapidissimo, la vista acutissima, il becco letale (al contrario delle aquile, che uccidono con gli artigli, i falchi si servono degli arti inferiori soltanto per afferrare e trattenere le vittime, che uccidono poi spezzando loro la nuca con il becco) – che divenne vero strumento di caccia per l’uomo – sono le caratteristiche che hanno ispirato e colpito gli osservatori, tra i quali la poetessa veneta, Alida Airaghi, che risalendo il corso della storia fin verso il falco apollineo, da questa attribuzione riparte, compiendo una mirabile sintesi di tutte le citate peculiarità del rapace, e proiettandolo, come vedremo, dai bassi voli della caccia alle traiettorie dei cieli intermedi tra terreno e divino.

Il falco apollineo, amante del sole, della luce di Alida Airaghi[3]

Il falco apollineo, amante del sole, della luce;
il falco dall’occhio spietato, dal volo
verticale, lontano da acquitrini e terriccio;
il falco ubbidiente al padrone, fedele
ai ritorni; assuefatto alle corti medievali,
alle cacce dei nobili, ai banchetti
negli affreschi nelle ottave dei poemi.
Si confonde di infinito e di azzurro,
in gloriosa ascesi verso l’alto,
il suo divino alto immisurabile.


Un capitolo a parte merita, appunto, giacché si è testé accennata, la falconeria, ovvero l’impiego di falchi addestrati per la caccia. Una testimonianza importante sulle origini di tale pratica, probabilmente importata nel basso Medioevo dai popoli nomadi dell’Asia, è il trattato De arte venandi cum avibus, scritto nel 1247 da Federico II di Svevia, il Gran Falconiere, dove i libri da IV a VI trattano della caccia, rispettivamente con il Girfalco (F. rusticolus, specie attualmente nordeuropea), il Falco sacro (F. cherrug) il Falco pellegrino. Abbiamo visto, nel paragrafo XV, come anche lo Sparviero (o Sparviere) fosse utilizzato per la falconeria. Il sonetto Di settembre di Folgore da San Gimignano[4] è particolarmente interessante per la nostra disamina, perché contiene un ampio elenco di specie addestrate alla caccia:

«[…]  falconi, astori, smerletti e sparvieri […] guilfanghi ed astieri[5]»

Può sembrare sorprendente ma non rari sono i casi in poesia di riferimenti non a falchi liberi, ma al falco da caccia e alla falconeria: così, ad esempio, Rainer Maria Rilke in Caccia col falcone[6], Thom Gunn in Falcone e falconiere[7], Robin Robertson in Falcone viziato[8].
Ma il falco è altro dalla falconeria e dal falconiere e ci interroga su ciò il grandioso incipit di The Second Coming di William Butler Yeats, uno dei componimenti più pregnanti di tutto il primo Novecento europeo: «Turning and turning in the widening gyre/ The falcon cannot hear the falconer» («Roteando e roteando nel cerchio che s’allarga/ il falco non può udire il falconiere»)[9]. Il poeta irlandese, tra l’altro, aveva già composto una poesia dedicata al rapace, inserita nella sua raccolta forse più celebre, I cigni selvatici a Coole (1917 e, poi, in edizione ampliata nel 1919). In questa lirica, Il falco, l’uccello che abbiamo visto librarsi e allontanarsi in The Second Coming, è ancora sul crinale tra libertà e prigionia e, in prima persona, marchia una strofa essenziale:

«Non voglio esser sbattuto in un cappuccio
Né messo in gabbia né posto su un polso;
Ora ho imparato ad essere orgoglioso
Librandomi sul bosco
Nella nebbia a brandelli
O nella nuvola che crolla.»

Abbiamo finora visto, nella poesia moderna e contemporanea europea, come falco e falconeria abbiano costituito una diade ricorrente. E nella poesia italiana? Occorre premettere che molti sono gli autori che ne hanno scritto, da Eugenio Montale a Fernando Bandini, da Salvatore Toma a Pier Luigi Bacchini e molti altri. Più che una esaustiva rassegna, procederò a riportare qualche poesia particolarmente significativa (per “i falchi” in generale) per un motivo o per l’altro, affidando al lettore curioso le bibliografie più doviziose[10]

Il Falco di Marcoaldi sembra idealmente, nel rapidissimo componimento, proseguire il volo, sempre più in alto, di quello di The Second Coming

In volo
di Franco Marcoaldi[11]

                                a Summer

Un falco vola alto. In alto.
Cometa aviaria che scompare.

E sembra proseguire, allontanandosi ancora più, il falco, sempre troppo lontano, una visione che attraversa l’iride […] scompare, come ne Il falco intersecante l’orizzonte in Modulato silenzio, di Camillo Pennati (Joker, 2007), poeta attento alla natura, già traduttore di The Second Coming di Yeats, del quale riportiamo, dopo quella montaliana, un’altra poesia sul rapace, sempre osservato in volo, «in forma d’aquilone», e a scrutare l’aria e il terreno con occhi-«globi di scandaglio».


I falchi
di Eugenio Montale[12]

I falchi
sempre troppo lontani dal tuo sguardo
raramente li hai visti davvicino.
Uno a Etretat che sorvegliava i goffi
voli dei suoi bambini.
Due altri in Grecia, sulla via di Delfi,
una zuffa di piume soffici, due becchi giovani
arditi e inoffensivi.

Ti piaceva la vita fatta a pezzi,
quella che rompe dal suo insopportabile
ordito.


Il falco di Camillo Pennati[13]

All’improvviso il sotto della sagoma
staglia lo specchio d’aria
e pare aumentare il silenzio
in quel governo a riconvergerlo dell’ala
estesamente a incomberlo nel traversarne
in forma d’aquilone vivo del suo portento
l’attonita portata per più muto accumulo
come da sotto lo scorgi apertamente
affidato alla natura del suo strumento
di volo frastagliato sui bordi
e a fuoco entro i due globi di scandaglio
che scivolano o risalgono l’aria
avvertiti d’ogni pulsante sgretolarsi
laggiù nell’immobilità come gli si appalesa
l’arazzo del fondale.

§ § §

Fin qui, l’osservazione degli uccelli (sintagma misteriosamente meno utilizzato dell’omologo anglofono a tutti noto, birdwatching), e dei falchi, in particolare, non è stata molto precisa, limitandosi a descrivere l’uccello che “non esiste”, cioè “il falco” sine specie.

Nella Seconda Parte ci aggireremo tra i versi coinvolgenti determinate specie di falchi e aggiungeremo una breve ricognizione tra i “non falchi” che, pur indossandone il nome, sono in realtà parenti delle aquile.


[1] «nunzio di Apollo» definiva Omero il falco nell’Odissea (XV, 525 e segg.)

[2] Giancarlo Baroni, da Rapaci, in I merli del giardino di San Paolo e altri uccelli, STEP Ed. Parma

[3] Alida Airaghi, Elegie del risveglio, Sigismundus, 2016, Nulla Die, 2022

[4] Folgóre da San Gimignano, pseudonimo di Giacomo di Michele o Jacopo di Michele secondo fonti diverse (San Gimignano, 1270 – San Gimignano, 1332), è stato un poeta italiano, rappresentante della poesia comico-realistica, un movimento poetico nato in Toscana circa nella metà del XIII secolo

[5] Gli “smerletti” indicano gli smeriglio o smerli; i “guilfanghi sono girfalchi o girifalchi o falconi grifagni; “astieri” è una variante di astori

[6] in Rainer Maria Rilke, Nuove poesie, Einaudi, 1992, trad. G. Cacciapaglia

[7] in Thom Gunn, I miei tristi capitani e altre poesie, Mondadori, 1968, trad. C. Pennati

[8] in Robin Robertson, Esitazione, Guanda, 2008, trad. M. Bacigalupo

[9] William Butler Yeats, in Michel Robartes and the dancer, 1920; la versione citata è trad. di A. Rienzi, in Partenze e promesse. Presagi, puntoacapo, 2019

[10] Una vera e propria caratura enciclopedica ha il preziosissimo volume di Mino Petazzini, La poesia degli animali. Volume 3, Luca Sossella Editore, 2024

[11] Franco Marcoaldi, Animali in versi. Un nuovo canzoniere, Einaudi, 2022

[12] Eugenio Montale, Xenia II, 12 in Satura. 1962-1970, Mondadori, 1971

[13] Camillo Pennati, Sotteso blu: 1974-1983, Einaudi, 1983

Fotografia in copertina: Il dio-falco Horus, Deir el-Medina, 2023, foto di Alfredo Rienzi

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