SILLABARI
Rubrica a cura di Silvia Rosa
SE USTAVT (FERMARSI) | ANDREINA TRUSGNACH
A volte è sufficiente il tempo di un battito cardiaco, altre volte diventa indispensabile riuscire a completare almeno qualche ciclo respiratorio prima di ripartire, in alcuni casi tocca rimanere come ibernati ancora più a lungo… non è importante quanto ci si impiega, l’importante è ricordarsi di farlo, e farlo spesso. Dobbiamo allenarci a cercare le occasioni di poterci fermare perché fermarsi è un atto indispensabile per poter vedere. Solamente soffermandoci a vedere si possono riuscire ad assaporare le innumerevoli sfumature che ci riservano il mondo e la vita. E anche accorgersi della bellezza e dei significati di ciò che ci circonda, che spesso sono nascosti nelle piccole cose, proprio quelle che vedono i fotografi e chi scrive poesie. Nella corsa frenetica correlata con la vita moderna, sfuggono molte occasioni di stupore, per questo è così importante imporsi piccoli pit stop. Dobbiamo allenarci a farlo perché ogni momento può essere quello giusto. In caso contrario il tempo rischierà di perdere di valore, così arriveranno domani e dopodomani e anche il prossimo anno avendo tralasciato e schivato chissà quante emozioni. Chissà quanta vita. Bisogna imparare a fermarsi, soprattutto per ricordare a noi stessi che stiamo vivendo. Fermarsi, vedere, emozionarsi, esistere.
(Poi un giorno ci fermeremo per sempre, ma questa è un’altra storia).
Da Pingulauenca ki jo nie bluo / L’altalena che non c’era (ZTT Editoriale Triestina 2022)
Fiori di ciliegio
Impietriti
dinnanzi al muro di rovi
sapendo che il paese è soffocato
proprio lì sotto
Aspettare la fine del lungo espirare
per poter tornare a guardare
Accorgersi
lassù
in fondo all’immensa sterpaglia
della cima di un ciliegio in fiore
Orgoglioso e sfrontato ciliegio
Cosa credi
adesso che ci hai ostentato
la vita?
Non ti potevi
seccare anche tu
visto che tutto è ormai morto?
Nessuno avrebbe potuto risentirsi
tutto sarebbe parso coerente
La tua morte nel luogo della morte
non avrebbe confuso
i nostri pensieri
I tuoi fiori bianchi
invece
hanno reso tutto
ancora più amaro
lo sai?
Čeriešnjove rože
Omartvieni
pred zidan arbide
viedet de vas je ucjefana
glih atu zdol
Počakat konac duzega izdiha
za pogledat nazaj
Zagledat
gor
na koncu velikega garmuja
varh cvetoče čeriešnje
Ponosna an nešpotljiva čeriešnja
Ka misleš
sada ki si nama pokazala
življenje?
Nies mogla
usahnit an ti
kier vse je že martvo?
Obedan nie biu mu ti zamiert
vse se je bluo zdielo na mestu
Toja smart v prestoru smarti
nie bla zmotila
naših misli
Toje biele rože
pa
so storle ratat vse
še buj grankuo
al vieš?
Prima di arrendersi
Piedi gonfi
in scarpe troppo strette
quelle da festa
ancora buone
chissà quanto le aveva pagate
Un incedere
lento a testa bassa
accompagna il bastone
comprato da poco
abituarsi
quanto brucia
I capelli ben pettinati
la borsettina lucida
la giacca diventata troppo larga
ma sottobraccio
ancora ricordi d’amore
e di piedi scalzi
leggeri
leggeri
leggeri
Pried ku se podat
Noge otekle
v čerievjah prestisnjenih
tistih pražnjih
šele dobrih
duovie dost jih je bla placjala
Počasna
hoja s spregnjeno glavo
spremja palco
malo od tega kupjeno
se parvast
ki dost peče
Lasje lepuo počesani
laščecja torbica
jopa ki je ratala prešaroka
pa pod pasko
šele spomini na ljubezen
an na bose noge
lahne
lahne
lahne
La rete
E così
in questo inizio di autunno
vola lieve
anche la rete arancione vicino casa
seppur ancora imprigionata ai pali
Il vento complice
di nascosto
ne ha liberato un capo
e l’ha sospinta in alto
più volte
riempendola di sé
riuscendo a farle provare
quel balzo al cuore
di quando sogni di cadere dall’alto
e non sai
se è paura
o solo libertà
Mrieža
An takuo
na začetku tele jeseni
pluje rahlo
tud oranžna mrieža blizu hiše
čelih šele zavezana par kole
Pomočnik vietar
poskrivš
ji je odvezu an konac
an jo je potisnu v luht
vickrat
jo je napunu sebe
tkaj de ji je stuoru čut
tiste pomanjkanje par sarc
od kar sanjaš de padaš od vesokega
an na vieš
če je strah
al pa samuo frajnost
Trusgnach Andreina Cevova scrive principalmente poesie ma anche prosa e testi di canzoni nel suo dialetto sloveno delle Valli del Natisone. Considera l’utilizzo scritto della propria lingua madre una forma di resistenza, particolarmente necessaria per gli Sloveni della provincia di Udine che lottano contro il rischio reale di perdere le proprie peculiarità culturali e linguistiche e di venir inesorabilmente fagocitati dalla cultura predominante. Ha pubblicato due raccolte di poesie nel dialetto sloveno delle Valli del Natisone (UD) con autotraduzione in italiano: “Sanje morejo plut vesoko” (I sogni possono volare alti), KD Ivan Trinko, Cividale del Friuli, 2011 e “Pingulauenca ki jo nie bluo – L’altalena che non c’era”, ZTT – Editoriale triestina, 2022. Suoi testi sono pubblicati su libri, libretti, riviste, almanacchi, testi scolastici, antologie e blog letterari. Partecipa a reading di poesia, eventi letterari e laboratori di scrittura creativa, sia in Italia che in Slovenia ed ha ricevuto numerosi riconoscimenti letterari in entrambi i Paesi.
